Uno dei precetti cardine del cristianesimo invita ad "amare il prossimo tuo come te stesso". Impresa ardua ma, senza passare all'altro estremo dell'odio verso il proprio simile, che dire di un amore così totalizzante da arrecare danno a sé stessi ed agli altri? I francesi hanno coniato un'efficace definizione come "amor fou" (che in vita mia non ho provato) proprio ad intendere il folleggiare negli amorosi sensi, fino a perdere la testa per un'altra persona. Ma è ben noto che tentare di razionalizzare un fenomeno come la libido è impossibile e non resta che accettarla per quello che è nel momento in cui si manifesta. Con l'auspicio che le conseguenze non siano dannose.

Ma non a caso il regista francese Louis Malle (uno dei migliori della "Nouvelle Vague") si ispiro` al romanzo "Il danno" dell'autrice Josephine Hart per realizzare nel 1992 l'omonimo film che parte dall'assunto che "chi ha subito un danno è pericoloso, perché sa di poter sopravvivere". E da qui si dipana un plot narrativo che, seguendo ritmi lenti ma sinuosi ed avvolgenti da thriller erotico, catturano l'attenzione dello spettatore. Certo lo schema è classico, ovvero una relazione sessuale adulterina pericolosa ma la resa registica è di gran livello. Il protagonista è Stephen Fleming (un uomo politico inglese influente ed in ascesa ben reso da Jeremy Irons) del quale si potrebbe proprio dire trattarsi di "a well respected man" come descritto in un vecchio brano dei Kinks. Tutto andrebbe per il meglio sia a lui, sia alla sua impeccabile famiglia inglese se non fosse che un maledetto giorno il figlio Martyn non gli presentasse la donna con cui intenderebbe convolare a nozze. Tale Anna Barton (interpretata da Juliette Binoche) sarebbe la tipica femme fatale francese che in anni precedenti era stata vittima di un danno a cui era sopravvissuta, indurendosi l'animo già scaltro di suo. Ma, ahimè, la passione fra Stephen Fleming e la seducente Anna Barton divampa improvvisa e, se ai famosi Paolo e Francesca bastò un libro galeotto per amarsi, agli altri due basta la presentazione durante un party. Si può ben immaginare che, con queste premesse, è pia illusione prevedere un lieto fine. Anzi, ciò che amareggia di più è quanto constata, a distanza di anni dai misfatti, lo stesso Stephen che, rifattosi un'altra vita altrove, vede in lontananza casualmente l'ormai ex amante mentre transita in aeroporto. Tenendo in braccio un bambino, ella ha un aspetto così anonimo da suggerire il dubbio che, alla fin fine, non valesse poi la pena di amarla così tanto alla follia come avvenuto in passato.

Il punto di forza del film è costituito dalla dialettica fra poli opposti come tradizione e trasgressione, perbenismo borghese da un lato (basti vedere gli interni tirati a lucido degli appartamenti della famiglia Fleming) e carica erotica pronta ad esplodere fra i due protagonisti. Qui la recitazione di Jeremy Irons è come al solito da manuale, un po' meno quella di Juliette Binoche più algida, ma qui entra in gioco anche uno stereotipo estetico di conio britannico per il quale tutto ciò che proviene dal continente europeo può essere torbido e tentante. A dimostrazione anche dell'imprevedibilita` di tutto ciò che rientra nella sfera dell'eros. Appunto per questo va accettato e vissuto, comprenderlo è impossibile e tanto vale applicare il detto latino del "carpe diem" .

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