OLIMPICO: IL GIORNO DEL LIGA

Accarezza la chitarra, si tira indietro la sua folta chioma e infine soffia sul microfono con la sua inconfondibile voce roca e baritonante: il giorno dei giorni per i capitolini è arrivato.
Niente moralismi scolastici, sms sonori infagottati per assuefare sciami di ragazzini tonanti, niente accademia alla Vasco o motivetti da recita parrocchiale alla Pezzali, al Liga interessa il rock ruvido, quello suonato con vecchi compagni di borgata, quello che si canta con le orecchie alla melodia e il cervello alle sensazioni, quello fatto di ballate dal sapore di un rock non corruttibile al passare del tempo, quello che racconta di certe notti in cui si viene e si va come stelle senza un cielo capace di contenerle. In uno stadio reso Olimpo della musica dai leggendari concerti che negli anni si sono succeduti, il Liga non tradisce i pronostici e suona per due ore e mezza in un concerto che i sessantamila nomi e altrettanti cognomi potranno raccontare ai nipotini.

I fan capitolini (e non solo) dalle 9.00 della mattina cominciano l'assedio ai cancelli esterni dell'Olimpico. La tanto temuta pioggia prevista sembra ormai solo un brutto ricordo e alle 14.00 la staffetta ai cancelli interni comincia a turbare non pochi fan. Alla seconda barricata corpi sudati e aggrovigliati scalpitano per poter entrare e alla apertura comincia la volata finale giù in riva all?enorme palco di ottanta metri. Nelle ore i presenti raddoppiano, triplicano fino ad arrivare ai sessantamila confermati. Dopo i gruppi spalla Rio e Velvet, cala la sera e lo stadio improvvisamente diventa un campo di lucciole. Con un ritardo di qualche minuto rispetto al previsto la luce torna ad abbagliare i sessantamila nomi e cognomi e la rockstar emiliana, accompagnata dagli storici ClanDestino e dai membri della Banda, regala ai suoi fan l'ennesimo concerto indimenticabile, fatto di tecnica e contenuto, ma tutto questo noi già lo sappiamo.

Tutti vogliono viaggiare in prima; tutti siamo uno, nessuno e centomila; tutti abbiamo il nostro giorno dei giorni, il nostro mercoledì da leoni; tutti abbiamo il nostro bar Mario; tutti sappiamo che l'amore conta e come se conta; tutti siamo qui sulla Terra per fare l'amore (e Liga ringrazia); tutti balliamo sul mondo; tutti conosciamo l'odore del sesso; tutti veniamo e poi ce ne andiamo, prima, però, tutte le strade portano a lui, ma in fin dei conti cosa vuoi che sia, l'importante è essere tra palco e realtà, lì sul quel prato come i mediani, su cui si viene e poi ci se ne va leggeri come anime in plexiglass, come su un campo di lucciole, pronti ad urlare per il giorno dei giorni che uno ha.

Grazie Liga per aver fatto l'amore con noi, tu che conosci il cielo, ma questo le donne è meglio che non lo sappiano.

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