La vita non è altro che un continuo, struggente gioco di specchi
che si conclude in confusione.
Non mi sorprende il fatto che qui non ci sia alcuna recensione di questo film e che gli scritti su Bunuel scarseggino, numericamente parlando, non poco su questo sito.
Questo perchè recensire un film di Bunuel è un impresa difficilissima, se non impossibile. Sarebbe come capire tutti i segreti che si celano dietro un sogno e trovarne una logica. E così anche il suo film più accessibile può rivelarsi così complesso e affascinante da rendere il cubo di rubik un giocattolo futile. Ed è proprio per questo che forse fallirò nella mia impresa di cercare di spiegare quali sensazioni questo gioiello del cinema mi abbia inferto. Ma proprio come i film di Bunuel si rivelano impossibili da raccontare, così si scopre di essere invasi da una felicità libertina dopo averli visti. Non riesco ancora a capire questo strano fatto emotivo.
Eppure, ogni volta che guardo un'opera del regista spagnolo il mio animo è come se si scaldasse e avesse la necessità di parlarne a tutti. Ma proprio a tutti.
"Bella Di Giorno" (1967) si sarebbe potuto rivelare un mezzo passo falso. Una chiavica.
Perchè è un film su commissione dato ad un regista che sempre e comunque ha preferito lavorare in assoluta liberta, ed è tratto da un romanzo francese pessimamente scritto di cui l'autore ora mi sfugge. Eppure il film che ne esce è un capolavoro e ringrazio quel disgraziato scrittore, perchè senza di lui questo splendido fascino metafisico non sarebbe mai venuto a galla.
Un film girato con mano sublime, alternando sapientemente fluidi movimenti di macchina a pianosequenza, e con una fotografia autunnale e fascinosa che vivacizza lo sguardo falsamente caldo di una camera per appuntamenti che si rivela essere la mente. Severine è il corpo.
Bunuel riesce a sfruttare un'idea di partenza osè e da pinku-eiga anni '60 per trasformarla in uno dei suoi soliti, bellissimi, fraintendimenti onirici, capeggiati da una suadente, bellissima Catherine Deneuve. Il film intercede e con il suo scorrere si rivela sempre più nefasto, perchè sempre più bello, sempre più vivo.
E' come se la sua pellicola prendesse vita per sconvolgere le nostre stesse anime e gettarlo in pasto al fuoco dell'identità. E alla fine nemmeno io so più chi sono.
Ma quando riavremo un cineasta così capace di rendere il suo cinema la vita stessa in Europa?
Ps. nell'edizione italiana sono stati tagliati in modo inspiegabile alcune sequenze indispensabili alla storia, tra cui il clamoroso flashback in cui Severine rifiuta la comuinone. Leone D'Oro A Venezia meritatissimo.
Carico i commenti... con calma