Black metal tecnico, questo l'universo Lunaris riassunto in due parole, all-star band norvegese, nata nel 1998 ad Oslo.

Nati dalla geniale mente del chitarrista M., aiutato per l'occasione dallo screamer Balfori (già all'opera nel 1349), Dr. Dream al basso, T-Roy alle tastiere e Janos alla batteria, i Lunaris arrivano nel giro di appena sei anni a pubblicare ben due album, nei quali confuiscono all'interno del black metal, le influenze più disparate, partendo dal progressive, per arrivare al techno metal di stampo Spiral Architect, il tutto contornato da forti venature elettroniche.

Uscito nel 2004, "Cyclic" è senza ombra di dubbio il migliore dei due lavori tirati fuori dal combo norvegese: in questo disco le influenze vengono difatti bilanciate con una precisione certosina fra di loro, con il fine di raggiungere un risultato finale quanto mai convincente ed appassionante. Gli undici episodi che compongono il disco risultano tutti studiati sin dei minimi dettagli, senza lasciare nessuna nota al caso, risultando con l'essere tutti estremamente complessi ed ostici come raramente si può ascoltare altrove.
I riff sono, assieme alla voce, l'elemento che sicuramente più risente l'influenza black metal, essendo taglienti, veloci, alle volte dissonanti tra loro; la ritmica è invece, assieme alle varie sessioni soliste che essa sostiene, la parte della musica che maggiormente è stata influenzata dal technical metal, presentandosi in continua evoluzione e risultando ricca di cambi, controtempi e parti in solo assolutamente entusiasmanti nelle loro progressioni.

Delle undici canzoni a spiccare maggiormente sembra essere il quartetto centrale formato da "Lessons In Futility", nella quale a mettersi in luce è sicuramente il duo Janos-Dream, intenti a disegnare ritmiche sempre cambievoli e fuori di testa; si continua con la title-track, decisamente più atmosferica, con influenze goticheggianti sottolineate dal lavoro di piano e di tastiere e dal duetto voce scream/growl e voce pulita (che ricorda un poco le parte ricitate ascoltabili in "Her Ghost In The Fog" dei Cradle Of Filth).
Il quartetto a cui si faceva riferimento in precedenza si conclude con la coppia "Slaves Of Opinion", degli unici brani quello sicuramente più influenzato dal progressive metal, grazie ad un lavoro, in fase di composizione, mirato più alla ricerca in chiave melodico/tecnica, che rende il pezzo più orecchiabile, pur nel limite del genere. A chiudere troviamo invece l'elettronica "When It Ends", canzone dominata dalle keybords che fanno da collante tra parti metalliche in costante evoluzione, il tutto sempre atto a sostenere la potente ed acida voce di Balfori, capace di una prestazione da urlo, praticamente perfetta in ogni frangente ed in grado di sfoderare uno scream acido e potente, in grado di adattarsi ad ogni situazione.

Da notare anche la presenza della opethiana "Altruismens Gravol", ricca di stacchi acustici di gran pregio, e che mostrano un gruppo in grado di trovarsi a proprio agio anche in canzoni che si distaccano dal loro stile.
Tecnicamente il disco esalta, evidenziando prove dei singoli assolutamente da togliere il fiato ed anche dal punto di vista compositivo non vi sono critiche da muovere al combo di Oslo.
Unico appunto che si può fare al disco sembra essere la produzione: i suoni, chiarissimi e limpidi, rischiano in effetti di rendere il suono un poco piatto, seppur ciò permetta di godere maggiormente di ogni singolo strumento reso, proprio grazie a questa produzione, il più chiaro possibile.

Questo disco non sarà un prodotto sicuramente adatto a tutti: chiunque cerchi infatti un album di black metal puro, violento e ancorato alla tradizione, resterà a bocca asciutta, coloro  i quali invece cercano qualche emozione in più ed un prodotto più particolare e per palati più fini, troverà allora in questo "Cyclic" un disco di grande spessore, degno di svariati ed assidui ascolti.

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