Il rock in divisa? Impossibile. E già, perché se in tutto il resto del mondo era considerato un genere sinonimo di libertà e sfrenata ribellione, nel sud degli States fu strumento d’incitazione reazionaria. Fino a risalire alle grigie casacche sudiste degli Stati Confederati, patria del country rock. Rimasi incredulo e quasi affascinato all’idea che i capelloni e le sbronze che il sottoscritto si vanta di esibire come una dannazione, possano centrare qualcosa con l’ordinamento del ben pensare. Allettato all’idea di vedermi concedere una chance di redenzione senza dover neanche recitare il mea culpa, cominciai a raccogliere la discografia dei Lynyrd. Diciamo che fino a prima dell’incidente aereo che stroncò la vita del cantante Van Zant, i loro lavori valgono tutti l’ acquisto. Questo però, lo possiamo a buon ragione affermare solo a posteriori. Negli intenti dei suoi autori, “Gimme Back...” (1976) avrebbe dovuto bissare il successo degli album precedenti. Cosa che non fu, nonostante l’indubbia caratura di queste note. Deve essere stata troppo forte la tentazione di ripetersi una volta creato un clichè.
Per chi non li conosce, è anche scontato chiedersi cosa ci abbiano davvero regalato di memorabile Lynyrd a parte “Sweet Home...”. La risposta è che all’epoca si riusciva ad inventare anche solo costeggiando il blues. Mica come adesso. Vai a sentire un concerto jazz, e ti rifilano l’ esecuzione perfetta d’una improvvisazione come se si trattasse di farina del loro sacco. Questo rock sudista almeno non simula cose che non è. “Got The Same Old Blues” e “Double Trouble” prim’ancora che pezzi rock appunto, sono delle “lezioni di feeling”, incentrate su arrangiamenti chitarristici al vetriolo. Tutti i brani risentono pesantemente del country dal quale la band non sembra proprio riuscire a prescindere. Nelle ballad, che per la verità non sono proprio all’ altezza delle perle degli album precedenti (“Every Mother Son” somiglia tanto ad un piatto bis di “Simple Man” ). Nelle ruggenti strofe della titletrack, dove è recitata tutta la fierezza d’ un popolo senza razza, che innalza i suoi grezzi stereotipi ad elemento di comune aggregazione. Ma dove i pezzi spiccano davvero il volo, è durante i soli, in cui le chitarre dimostrano d’ avere anche ali oltre che artigli. Vanno citati infine i travolgenti accordi di “Searchin”, pezzo molto alla “Creedence Clearwater...”.
Mi è di recente capitato di leggere la storia dell’ episodio da cui trae origine il nome della band. Di questo Leonard Skinner, insegnante di un liceo americano degli anni sessanta che perseguitava i suoi alunni a causa della loro improbabile capigliatura. Per gente come i Lynyrd, insomma, non c’ è mai stata la possibilità di redimersi senza tradire se stessi. Ogni divisa, anche quella del grigio sudista, porta il colore d’ un diverso ordine morale, basta levargli via la polvere di dosso. Lo stesso “viva il sud” , ma il rock è roba per soli disertori.
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