I Made In Mexico spaccano il culo.

Un math-noise-rock tecnico, possente, ma al tempo stesso schizzato e disarticolato è quello che la band di Rhode Island vomita, non lesinando influenze pesanti quali Suicide, Chrome e Sonic Youth, allontanandosi più volte dal math vero e proprio.

Il gruppo si fa forte di una vocalist con le palle, Rebecca Mitchell, che col suo lamento disincantato, viscerale e nichilista fornisce una vena hardcore ai tappeti strumentali, peraltro tutt'altro che sani, che le piazzano Dare Matheson, Jeff Schneider e Jon Loper, rispettivamente batterista (che legna il giusto), chitarrista (grezzo, lo-fi, iperdissonante, ex Arab On Radar - con cui oltre l'etichetta il gruppo condivide diversi tratti stilistici -) e bassista (ampio sarà lo spazio per lanciarsi in ossessivi riff dispari a formare un tutt'uno con le sempre nervosissime parti ritmiche e il declamare malato di Rebecca).

Non manca certo la sperimentazione (non potrebbe essere altrimenti vista l'etichetta, la leggendaria Skin Graft) sebbene trattasi più che altro di citazioni, fantasmi che aleggiano e cose già sentite in passato (Pain Teens e Don Caballero su tutti), rielaborate però in una chiave personale quanto basta per non cadere sul revisionismo arricchendo il tutto con squarci di elettronica lo-fi e putridi tribalismi che richiamano ora più che mai alla lezione del no-wave.

Copertina che rispecchia inoltre molto bene quello che si andrà a sentire al suo interno, tutto molto freak, tutto molto psichedelico, tutto molto casareccio.

Elenco tracce e video

01   Farewell Myth (04:21)

02   Infrared Eye (03:24)

03   Monster in Time (03:12)

04   Clockwork (04:21)

05   Occam's Razor (03:57)

06   International Zombie (02:49)

07   Napalm Springs (01:43)

08   A Cannibal Tale (04:52)

09   Solanas (04:27)

10   Ultraviolet Arms (03:34)

11   Face of the Earth (04:27)

12   Black Rabbit (02:57)

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