La Figlia Oscura - Maggie Gyllenhaal, Elena Ferrante ed i demoni della maternità

"L'ospitalità arriva nell'ottenere l'attenzione di qualcuno, anche nella crisi. Come dice Simone Weil:

"L'attenzione è la forma più pura e rara di generosità.""

Maggie Gyllenhaal: l'esordio alla regia dell'attrice di Secretary

Forte di un'ambientazione suggestiva e di una azzeccata alternanza di piani temporali tra presente, flashback e brevi flashforward, Maggie Gyllenhaal esordisce dietro la macchina da presa; adattando l'omonimo romanzo breve (circa 150 pagine) di Elena Ferrante e mettendo in scena questa sorta di anomalo thriller drammatico. Che rivela la parabola di una madre snaturata, donna profondamente egoista, ma forse solamente mai maturata e mai vincitrice nello scontro con i propri demoni. Come quello della depressione. E così, l'appropriazione che lei fa della bambola (la "figlia scomparsa" del titolo internazionale) diventa lo snodo cruciale e psicologico dell'intera vicenda.

Facendo riemergere criticità, problematiche e traumi mai superati. La bambola diventa quasi simulacro di qualcosa di perduto, dell'innocenza tipica dell'infanzia, il simbolo del trauma della maternità.

ELENA FERRANTE: UN CASO LETTERARIO MONDIALE

Elena Ferrante - chiunque ella o egli sia - è probabilmente il più noto nome della letteratura italiana contemporanea nel mondo. In particolare dopo il successo globale della saga de L'amica geniale, da cui è stata tratta la famosa serie televisiva Rai. Al cinema, si tratta del terzo film finora tratto da una sua opera (il primo fu L'amore molesto di Mario Martone, dell'ormai lontano 1994), ma il primo internazionale; e questo è senz'altro un aspetto di interesse.

Proprio riguardo all'enigmatica figura della Ferrante, in molti si interrogano da anni sul perché del suo successo planetario. Sarà che, come diceva il Lenny Belardo di The Young Pope, "l'assenza è presenza". E quindi, il mistero che da sempre circonda questa figura senza volto ha contribuito al successo dei suoi libri ed al marketing.

ELENA FERRANTE IN AMERICA

E a proposito proprio di questo grande fenomeno letterario globale, è interessante leggere l'estratto di un'intervista alla traduttrice americana della Ferrante, Ann Goldstein. A cura di Katrina Dodson:

"Hai detto di non conoscere la vera identità di Elena Ferrante. Ma è ovvio che tu ti sia fatta un’idea di che tipo potrebbe essere. Per esempio, hai detto di non aver mai dubitato che fosse una donna e che supponi appartenga alla tua stessa generazione. Cos’hai scoperto su di lei attraverso la sua scrittura, che è sempre personale anche quando non prettamente autobiografica?"

"Ho capito, da tutti questi libri e dalle interviste contenute in Frantumaglia, che si tratta di una persona estremamente colta. Non c’è niente che non abbia letto, credo."

"E di recente ha scritto anche una prefazione a Ragione e sentimento. È stato uno shock venire a saperlo."

"Eh sì. È per questo che dico che ha letto di tutto. Sulla Paris Review ha parlato di Jane Austen. Perciò sì, ha letto molto. È evidente che sia una persona di straordinaria intelligenza. Possiede un bagaglio di conoscenze letterarie notevole, conta su una formazione molto importante, ma tende a non farlo pesare. Non è una cosa palese, non si ha la sensazione che voglia farti presente di aver letto questo o quello."

GIOCO DI SPECCHI TRA PRESENTE E PASSATO

Tornando al film. Lo stile della Gyllenhaal, in un gioco di specchi tra passato e presente, indaga sul volto della protagonista attraverso un uso ricorrente di primi piani, andando così a scavare nelle emozioni di un personaggio mai simpatico né positivo, ma per cui si finisce ugualmente per provare empatia. Merito, ovviamente, dell'ennesima interpretazione magistrale e perfetta di Olivia Colman. Una delle più grandi attrici in circolazione.

Progetto indipendente e girato in economia, che ha subito delle variazioni nell'ambientazione a causa della pandemia, The Lost Daughter è un lavoro assai interessante e che mostra idee di cinema. Che potranno essere sviluppate con maggiori mezzi e consapevolezza magari in futuro, se la Gyllenhaal vorrà proseguire la strada della regia. Non che, comunque, il film non mostri già una certa maturità.

Tre sono state le candidature agli Oscar senza vittorie: per la Colman come miglior attrice e Jessie Buckley come non protagonista, pur nel medesimo ruolo della Colman da giovane nei flashback; e per la sceneggiatura non originale, premiata invece a Venezia.

LA FIGLIA OSCURA: DAL ROMANZO AL FILM E L'AMORE PER LA LINGUA ITALIANA

Proprio a proposito della sceneggiatura e dell'adattamento, il film è sostanzialmente fedele alla trama del testo originale, pur apportando alcune piccole ma significative variazioni. Come sulla nazionalità dei personaggi, naturali data la natura internazionale del progetto. Pur scegliendo di mantenere i nomi italiani originali (e questa è forse una scelta discutibile, col senno di poi). La Leda Caruso della Ferrante era insegnante di anglistica, mentre quella cinematografica di letteratura italiana comparata. Nel film non mancano infatti omaggi molto belli alla lingua italiana, che inevitabilmente si perdono nel doppiaggio.

CHANGE MY NAME

Un piccolo film affascinante e che lascia una sensazione finale di redenzione e possibile ritorno alla vita. Pur nella consapevolezza che certi spettri dell'esistenza sono destinati a non andarsene mai.

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