Complici

Lamentele. Domande molte, mai risposte.

Siamo noi, quelli del disagio. Ma non voglio categorizzare, pare una canzone, non c’è mercato per me, non serve.

Ma insomma, qui su debaser ve ne sono molti, siamo quelli che boh, ma, non saprei; non ci ritroviamo più. Giovani o vecchi poco importa, sodali nel fastidio di kaossoniana memoria.

Smarrimento continuo totale, sono tempi difficili.

Quand’ecco che negli ultimi anni m’appare sempre più evidente una realtà: siamo complici.

I loro non passano mai di moda, ma è tempo che si riconosca il soggetto nella prima persona plurale; noi. “Siamo noi, siamo in tanti”, no Lucio, siamo tutti. I tempi cambiano.

Lamentarsi ok, ma di concreto? Si, ma di preciso?
Quanta paura nel dire che si, viviamo in tempi di merda, che la musica fa schifo tutta, che di cultura non v’è traccia, che gli intellettuali non esistono, che il cinema è morto, che le serie televisive (ormai ossimoro!) sono merda a priori, che la politica è merda, che il pensiero occidentale (d’altri non so) tutto è ormai inequivocabilmente merda, che d'accordo, non avremo la fame, ma la nostra vita fa schifo uguale, non c'è più nulla di vero e porca troia mi sento Tyler Durden e mi faccio tenerezza da solo. Ragazzo.

Mi si gela il sangue, i peli si rizzerebbero se fossimo appunto in un episodio di una serie, o in una pubblicità, poco cambia (immaginatevelo, zoom sul braccio, peli rizzati, ah ok ora è chiaro).

Non si possono fare certe affermazioni. Eppure, eppure. Lo penso, tanti lo pensano, lo so. Perché non dirlo? Perché da sempre i tempi passati sono i bei vecchi tempi? No, non mi basta.

Una frase: andrà molto peggio, prima di andare meglio, (io l’ho letta su https://phastidio.net/ poi non so). Per me sta lì il punto. Punto. Keep attention perché pare che gente come Steve Bannon e co. la pensi così e dica bon, tanto vale accelerare il declino, riduciamo i tempi d’attesa per questo benedetto meglio. Ocio

Ma non è questo il punto.

Smettiamola di essere complici. Dobbiamo fare una scelta: smettere di essere partecipi.
Si invitano gli esperti a proporre soluzioni, concrete please.

Io di mio, mi astengo.

Mi astengo dai social, mi astengo dal commentare, pubblicare, condividere ecc. ecc. ecc. ecc. ec

Mi astengo dal pubblico, invoco il mio diritto al privato, no alla privacy, al privato (eccezione fu, ed è, il debaser. Tant’è, sono umano).

Ed ecco il sospetto, l’inevitabile scheletro nell’armadio, la pubblica paura, la voglia di gogna, altrettanto pubblica.

Ma la festa è bellissima, il cibo abbonda, le ragazze sono belle e facili, i ragazzi pronti a riservarti un posto, nel nuovo mondo che verrà. Perché non parteciparvi? Cos’hai da nascondere tu?
Non so. Appunto disagio, fastidio. Non so. Una sensazione, come se la festa fosse una di quelle feste un po’ disperate, tipo l’ultima notte, tipo La grande abbuffata. Avete presente il film?

Con Tognazzi e Mastroianni (tra gli altri). Suicidarsi insieme, tutti, mangiando fino a scoppiare.

Ecco forse è un po’ quello che stiamo facendo: constatato che non v’è soluzione, accettato che non v’è futuro, non ci resta che il suicidio, l’allegro suicidio.

Bene, vi dirò, io ho ancora voglia di vivere, quindi no, non vengo alla festa.

Anche se… mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per nulla?

La ragazza per caso vuole farsi un giro anche con me? Magari vi avanza una canna?

Tant’è, sono umano.


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