Q-pop. Genesi e capitoli successivi

A volte li incontriamo, ma quasi mai li riconosciamo. Sembrano cinesi, ma sanno parlare russo e hanno nomi turchi. Li abbiamo conosciuti soprattutto grazie al Circo di Montecarlo e manifestazioni affini, dove li guardavamo fare acrobazie in sella ai cavalli, saltare o dar lustro alla loro fama di grandi contorsionisti. Il settore aerospaziale è il loro massimo vanto, fin da quando ospitarono quel cosmodromo che fu anche la prima base di lancio al mondo. Abitano un Paese grande quanto mezza Europa ma di cui i TG non parlano mai, esattamente come accade alla Repubblica di San Marino.

Se non, appunto, quando viene lanciato un missile o quando i Russi spediscono qualcuno in orbita. Allora sì, che finalmente si parla (poco) di questo Paese.

Di cui non farò il nome, dato che a questo punto non è più necessario. Se io conosco questo Paese? Certo che no, non direttamente. Conoscerlo attraverso internet non è meno complicato, visto che ogni volta che vado ad aggiornarmi è cambiato qualcosa. A cominciare dalla capitale, che una volta si chiamava Alma Ata e poi è diventata Almaty, per poi spostarsi ad Astana (sì: quella della famosa squadra di ciclismo), precedentemente nota come Akmolinsk, in seguito come Celinograd, quindi come Akmola. Nel marzo del 2019 ha infine (?) assunto l'attuale denominazione di Nur-Sultan, ma non sappiamo ancora per quanto.

Ne so davvero poco, ma proprio qui sta il bello. Quel poco l'ho anche scoperto attraverso un'emittente satellitare che da qualche anno dovrebbe diffondere la cultura del Paese in giro per il mondo. Lunghi reportage sull'antica vita nomade con annesse leggende, sulle tende e sulla steppa. Tutto nella loro lingua, ma rigorosamente sottotitolati in inglese. Ogni cinque minuti campeggia in primo piano un'istantanea del colossale palazzo presidenziale, con la piazza e i giardini antistanti: sfarzo e scenari da fantascienza, da far impallidire la grandiosità sovietica e pure quella cinese (di cui sì, posso parlare).

L'immagine ultra-moderna, iper-tecnologica e digitalizzata di un Paese a cui mancava solo qualcosa, per definirsi completo.

Una scena musicale da esportare.

Certo, la tradizione non manca. Ma vuoi mettere far parlare di “noi” in tutto il mondo, con un prodotto nazionale moderno e in linea coi gusti dei teenagers occidentali e non solo? Vuoi mettere sfruttare i social media con relativo accumularsi/viralizzarsi di hashtags e followers e cazzi e mazzi? Vuoi mettere che persino in America ascoltino la nostra band di punta?

In Sud-Corea ce l'hanno fatta, ad esempio. Per di più, ce l'hanno fatta senza inventare nulla. Hanno importato il modello giapponese, lo hanno adattato al pop formato MTV e fabbricato i loro idoli su misura, ci hanno costruito sopra un'industria e lo show-biz globalizzato ha fatto il resto.

Sì, certo: Gangnam Style. Ma Gangnam Style fu solo la punta di un iceberg andao alla deriva e approdato nel giro di pochi anni in ogni angolo del globo. Il fenomeno K-Pop, oggi, è planetario: adolescenti del Paraguay ne conoscono boy e girl-bands esattamente come i loro coetanei olandesi. E fanno schizzare (a varie decine di milioni) le visualizzazioni delle loro clip.

Probabilmente, vostro figlio sta già ascoltanto K-Pop. Anche se non ve lo dice.

Canzoni cantate in coreano. Di cui nessuno o quasi, capisce il testo – ma da un po' ci sono i sottotitoli, perché il fenomeno - dicevo - è diventato talmente globale che ci si è dovuti attrezzare anche così.

Tanto la musica viene dopo. Prima ci sono look, hairstyle, management efficace. Un'immagine accattivante, sexy all'occorrenza ma senza strafare. E allora sì, che sei davvero sulla strada per il mito.

Al che, nella terra dei nomadi della steppa e dei cosmonauti si saranno detti: lo facciamo anche noi. Gli somigliamo pure, ai Sudcoreani. E poi si sa, che quelli fanno i furbetti con la chirurgia estetica. Noi non siamo da meno, neanche in quel campo.

L'anno zero della nuova musica è il 2015. Quell'anno la locale Juz Entertainment crea (dal nulla) i Ninety One. La prima boy band del neonato Q-Pop. Noi non ne sapevamo nulla, al massimo conoscevamo i Q-Disc (una volta).

Viste le premesse il successo arriva, immediato. Soprattutto fra il pubblico femminile (e minorenne) del Paese, che all'istante li decreta nuovi sex-symbol. Concerti sold-out, arene in tripudio, ospitate tv, crescita costante di followers. A coronamento di tutto, tour asiatico e performance al fianco delle superstars coreane Mamamoo, girl band con numeri da capogiro. Come se una rock band appena formata aprisse per i Rolling Stones. Per capirci.

Non poteva mancare il film-documentario, e pure quello è stato fatto. E così bene che documenta una realtà fatta non solo di fans e followers, ma anche di ostacoli e resistenze. Una grossa fetta del pubblico locale li osteggia per “oltraggio alla tradizione nazionale”, i loro concerti boicottati, il loro look giudicato “troppo gay”.

Valutate voi, al riguardo.

Non bastasse questo, dovevano proprio chiamarsi Ninety One. E si dà il caso che quel Paese abbia avuto l'indipendenza nel '91. Oltraggio alla storia, quindi, non solo alla tradizione. Non potevano chiamarsi Ninety Two o Ninety Three, no.

Sicché, i numeri del Q- Pop crescono. Continueranno a crescere anche nei prossimi anni, facile da prevedere. Ma non certo al ritmo esponenziale del K-Pop.

E non è tutto.

Fra i target iniziali dell'operazione, alla resa dei conti, solo uno sembra davvero raggiunto: quello di creare un'alternativa giovanile alla “solita” musica passata dalle radio nazionali. L'altro obiettivo, quello dell'esportazione globale del prodotto, è ancora lontano diversi parsec (tanto per restare in tema astronomico).

Paradossalmente, un artista di questo Paese ottiene visibilità oltre-confine solo se comunica e canta in un'altra lingua, per rivolgersi a un pubblico che parla un'altra lingua. Il prodotto non ha ancora abbastanza appeal internazionale perché i sottotitoli funzionino.

E chi possiede appeal di un “certo” tipo (chissà quale), vedi le pop-star locali Nazima e Dequine, canta e si esprime ancora in russo. Per il mercato russo e un pubblico fatto prevalentemente di Russi.

Ma non siamo severi... è ancora presto, per un bilancio.

Il K-Pop emerse negli anni '90, ma ottenne risonanza mondiale quasi un ventennio dopo.

Siete avvertiti.

E se suona come una minaccia, tanto meglio.


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