Quelle coppie forzatamente separate dalla quarantena

Penso a tutte quelle coppie separate dalla quarantena e mi domando se basterà loro la consolazione di sapere che l'altro esiste e che la sua vita ha acquisito, per opera di affinità elettive, il compito di seguire quella del compagno.

Non parlo degli amanti novelli il cui sentimento si risolve nel costante desiderio e per cui la lontananza, forse, è anche un improvviso stimolo all'anelito e alla ricerca dell'altro. Parlo, invece, di quelle coppie consolidate. Quelle coppie che stanno assieme da almeno tre anni, ma che non abitano sotto lo stesso tetto. Parlo, insomma, di quelle coppie, non più sostenute da una rivoluzione ormonale, bensì dalla sola propria motivazione. Non voglio dire che, alla fine di questa forzata distanza, non si ameranno più, ma lo faranno allo stesso modo?

La pelle di ognuno di questi amanti, terrà memoria delle carezze della pelle dell'altro? Le orecchie riconosceranno il suono preciso della voce amata? O il sentirla per lungo tempo solo per mezzo di chiamate, ne riconfigurerà l'orbita sonora, sino al punto in cui, finalmente liberi di rivedersi faccia a faccia, non servirà, a quegli amanti disavvezzi, una azione di riequalizzazione?

"Ho acquisito una confidenza tale col tuo corpo", scrivevo tempo fa, "che provo ribrezzo alla sola idea di toccarne un altro allo stesso modo". E se la perdessimo questa confidenza? Dovremo riconquistarla bacio per bacio? Dovremmo riconquistarla, amplesso dopo amplesso, di nuovo? O basterà, come nella più affettata delle rappresentazioni, sfiorarsi per sentire una mistica scintilla riattivare ogni nostra sopita reminescenza?

Ricorderà, l'altro, le nostre intemperanze, le nostre manie e i nostri impeti puerili?

Sopporterà ancora la musica che noi ascoltiamo e che viene tollerata per Amore, o, il lungo digiuno di questa penitenza non gliela farà più sopportare?

C'è tempo per farsi troppe domande, forse...


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