Quella voglia di non mollare
La tenacia, quella voglia di non farsi sopraffare dal destino, quel desiderio di mostrare il dito medio alla vita e di non mollare mai appartiene a pochi uomini e donne.
La tenacia può avere una caratteristica, ad un certo punto ti ripaga. Non capita sempre, certo, ma quando capita capisci il senso di tutti i sacrifici. Voglio raccontarvi una storia, quella di Steven Bradbury. In rete esiste un video della gialappa’s in cui Steven viene volgarmente perculato, ma prima di guardarlo continuate a leggere.
Lo short track è una gara di velocità su ghiaccio con pattini, senza corsie dove si raggiungono velocità di oltre 50 km/h. Dovessi paragonarlo ad un brano musicale, chiederei ad Arianna Fontana, la medaglia olimpica italiana più giovane (meno di 16 anni), “cavaliere” e pattinatrice di short track. Rimanendo sul Deba chiederei aiuto sicuramente a Lorenzo, a me viene in mente Guerrilla radio… Ma non divaghiamo.
Steven è nato a Sidney, 14 giorni prima di me ed ha sempre amato la velocità, sia sul ghiaccio che sulle auto. Lui si impegna, partecipa ai mondiali di short track vincendo un oro nel 91, bronzo nel 93 e argento nel 94, gareggia alle olimpiadi di Lillehammer del 1994 (partecipò anche un certo Alberto, mio concittadino) e riesce a portare a casa un bronzo nella staffetta. Strada in discesa? A 21 anni sei nel pieno vigore fisico, nulla ti può fermare, nulla tranne 111 (centoundici) punti di sutura a causa della recisione dell’arteria femorale durante una gara, conseguente perdita di oltre 4 litri di sangue, con alte probabilità di morte.
Sopravvive, ma passa i successivi 18 mesi in riabilitazione. Lentamente ricomincia, torna a gareggiare, ma non è più lui, la magia è scomparsa. Nel 2000 un altro incidente (frattura del collo) lo blocca per altre sei settimane. Steven però ha un sogno, gareggiare ancora alle olimpiadi per l’ultima volta, a Salt Lake City nel 2002. Ha quasi trent’anni, ma riesce ugualmente a qualificarsi per il suo paese, non certo famoso per i suoi ghiacciai e parte senza nessuna speranza di conquistare una medaglia. Gli sport invernali non sono molto praticati in Australia…
Non credo ai miracoli, ma nello Utah qualcosa di simile è successo. Steven nella batteria 1000 metri short track riesce a qualificarsi per i quarti, acciuffando l’ultimo posto disponibile. E’ già felice così, gareggerà i quarti di finale olimpici dello sport che ama. Si qualificano i primi due alla semifinale, arriva terzo. Fine, si torna a casa.
No, non è finita, viene squalificato il giapponese, viene ripescato. E’ sua la semifinale. E’ inutile di cercare di capire cosa prova Steven, ve lo lascio immaginare.
La semifinale la corrono in cinque, tre cadono per colpa del quarto che viene squalificato. E’ in finale!
Accanto a lui ci sono i mostri sacri dello short track, il commentatore italiano prima della partenza dice: “Fuori dalla lotta, quasi certamente c’è solo Steve Bradbury” Franco Bragagna.
Steven non sta bene, gli fa male la gamba operata, parte malissimo, viene subito distaccato dagli avversari, ma all’ultima curva succede qualcosa di incredibile, un groviglio di corpi distesi sul ghiaccio e lui che li evita. L’americano si rialza, tenta il recupero, ma Steven, sgomento passa per primo il traguardo.
Primo oro australiano nella storia delle olimpiadi invernali. A fine gara, intervistato disse: “Non ero sicuro se avessi dovuto festeggiare oppure andare a nascondermi in un angolo. Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L’ho vinta dopo un decennio di calvario.”
Steven Bradbury.