Depeche Mode

Sono un dormiente.

Lascio i Depeche Mode nel 1984 con Gore che prende a martellate un palo della luce e Gahan che lancia pentole giù dalle scale. Periodo di Blasphemous Rumours. Video inguardabile. Musica coinvolgente. Poche altre band dell’epoca spaccavano così con l’elettronica. I teenager vivevano questo movimento, Electrical New Wave, entusiasti. Yo tambien. Ci consideravamo Carbonari. Eravamo in pochi a vantarci di conoscere Tora! Tora! Tora!, My Secret Garden, Something to Do.

Poi esce Black Celebration e li lascio andare alla deriva della musica. Gore era passato dal palo della luce a martellare i miei coglioni. Sento ancora parlare dei Depeche. Ma sono nel dormiveglia e se ascolto, dimentico. Quindi meglio non ascoltare. Perdita di tempo.

Dopo 35 anni, mi risveglio. E che cazzo, i Depeche ci sono ancora.

Guardo un loro concerto e scopro che Gore suona la chitarra e la suona anche male. Non sta più dietro le tastiere a deliziarci con qual suono synt molto 80’s. Hanno persino un batterista che tra l’altro, ha una strumentazione da fare invidia al tour di Palasport dei Pooh. E Gahan? Gahan sembra sempre lo stesso. Voce ipnotizzante e grande presenza sul palco. Il viso di uno che ha vissuto fino in fondo. Un duro dei film in bianco e nero. Ricorda Clark Gable di Via col vento. Allora riprendo in mano tutta la produzione post Some Great Reward. Black Celebration è un discone. Cazzo perché dormivo quando è uscito? E poi? Poi Strangelove, Little 15, Never Let Me Down Again. Ma mica finisce qui. Il bello deve ancora arrivare. Personal Jesus e Enjoy the Silence sono un’accoppiata da brividi. Posso metterle in loop per ore. E come un trattore, macino tutto fino a Spirit.

Torno a fare il dormiente.


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