Sì, dovrebbe avere un titolo
Se invece che un messaggio fosse una recensione, o un articolo, o un editoriale, allora dovrebbe avere un titolo.
E il titolo sarebbe Lee Aaker.
Che già. uno dice, pensa la sfiga di nascere con un cognome che inizia con due A. Cioè, a scuola, al massimo, ti può fregare una donnina allegra!
Di quelle mi chiamo AAA astenersi perditempo! Siccome però simili signorine di solito le scuole non le frequentano troppo, ecco che diciamo uno non è proprio contento del nome che gli è toccato.
Sì, perché se fosse una recensione, se fosse qualcosa d'altro, parlerebbe del nome che ti è toccato.
Come i tre pulcinetti, sopra al Pirellone, che il nome ancora non ce l'hanno mica.
Oh, da questo punto di vista, il mio prof di filosofia (quello che sa tutto) fu chiarissimo. Davvero, sai quelle cose illuminanti? Assiomi, quasi, non fosse che non è matematica. Dare un nome significa averci potere sopra.
Per dire radicedidue, quando è nata, mica si chiamava così.
Non si chiamava.
Non si poteva dire.
Perché dirla era ammettere che esistesse.
E se esisteva erano cazzi.
Così non la si chiamava in nessun modo. Semplicemente non la si diceva. Poi, ma ci sono voluti davvero migliaia di anni, le si è trovato un nome. E con un nome anche il modo di averci a che fare. Dici radice di due e dici infinite cifre non periodiche. Comincia con 1.414213563 eccetera. Infinite cifre. Non finiresti mai di dirle. Ma non periodiche. Non si ripetono mai.
Oh, le cifre sono 10, chiaro che riappaiono.
Ma uno schema mai. Una roba che non puoi mai prevedere cosa viene. Criminal Minds chiuderebbe, per dire.
C'è un cereal killer che uccide.
Che schema segue? Boh.
Si ripete? No.
Così gli dai un nome e la notte dormi tranquillo (ma solo perché non ci pensi abbastanza).
E' un nome anche bellino. Perché è verissimo - e quasi indiscutibile - dare un nome significa avere potere su quella cosa.
I tumori, fino a poco fa, si chiamavano un brutto male. Chiamarli per come sono è un gran bel segno.
Dici radice di due e dici quella stranissima infinità di numeri. Un numero lì vicino, che ha comunque infinite cifre, non periodiche, che magari è quasi tutto uguale a radice di due, meno una cifra. Un nome non ce l'ha. E per dirlo devi dire tutte le sue cifre. E dirle non puoi.
Sai, a scuola, la scuola che facevo io, mica era fatta perché se no mi deprimevo. Ma perché un paio di cose, un paio di assiomi, te li davano. Magari te li dava uno di filosofia. E non era proprio sicuro di dirti una cosa di matematica. (nel caso del mio prof sì, lui sa tutto).
Così i tre pulcinetti non hanno ancora un nome. Nemmeno si sa bene se sia un nome maschile o femminile, da dargli. Come se potessero essere qualsiasi cosa. Che è davvero anche bello. O forse no. Sarà più bello quando un nome ce l'avranno.
E quel nome sarà un nome d'amore.
E di tenerezza. E potranno essere mille cose, ma quella tenerezza, per prima.
Ecco, per questo, fosse un articolo, un editoriale, avrebbe un titolo.
Si chiamava Lee Aaker. E certo non ringraziava il cielo, la mattina a scuola, quando un prof diceva chi interrogo. Famoso perché - da piccolino - faceva Rusty. Quello di Rintintin. Dopo solo un sacco di cazzate. Alcool e droga e povertà. Però faceva Rusty.
Incidentalmente - fino all'ultimo suo giorno - il nome che mia mamma dava a me...