L'Undici.
L'Undici.
Un giornale sportivo argentino, alla notizia del suo gran rifiuto a passare alla Juventus per dieci centinaia di milioni (di allora...), lo definì, a tutta pagina, "Un Hombre Vertical".
Altro?
Sardo vero, nei fatti.
Diceva, lui, lombardo di Leggiuno: "Lo sport da solo non può essere in grado di cambiare una regione povera come la nostra..." Dove "La nostra" era la Sardegna, però.
Il Calciatore:
Un giorno si ritrovò in macchina Grazianeddu Mesina ed un po' si preoccupò, disse, ma Neddu voleva solo sincerarsi che lui non mollasse il Casteddu per la Juve o chi altro.
Di che parliamo? Delle famose rovesciate, delle giocate spavalde, di potenza infernale, del pallone lanciato a 120 all'ora che spezza in tre parti il braccio di un raccattapalle di nove anni, Danilo, appostato dietro la porta avversaria, le cui cure seguirà poi personalmente ed a cui dedicherà un pallone firmato da lui ed un goal contro la Lazio.
Della sua infanzia... Profondamente segnato da un'infanzia a dir poco precaria (il padre morì in fabbrica, trafitto da un profilato d'acciaio che gli squarciò l'addome e la schiena) non perdeva occasione, nelle pochissime interviste concesse, di denunciare il trattamento da bestie ricevuto al collegio cattolico dove la madre lo mise, non potendolo mantenere da vedova poverissima: "Noi poveri dovevamo guadagnarcelo, il pane dei preti, con preghiere e continue confessioni... solo così il don ci mollava da mangiare... brodaglia e schifezze, altroché... Tre volte, ne sono scappato..."
Era uno di quegli uomini cui bastava uno sguardo per giudicare l'altro ed uno per intendersi con chiunque.
Uno dei più bei ricordi d'infanzia mi vede allo stadio, sei o sette anni, io, a Genova, un Genoa-Cagliari, in cui lo chiamo a gran voce dal bordo campo, io genoano dalla nascita e, non so perché, lo salutai a grandi gesti. Lui, nel mezzo della partita, si voltò e mi sorrise, proprio a me, un bambino tra tanti adulti vocianti, con quel quarto di sorriso che gli era tipico, il suo, e accennò un saluto con la testa.
Nel 1968 il fulmine che gli incendiò e gli invase la vita, l'incontro con una donna, i due si innamorano, vanno a vivere insieme anche se, tecnicamente, lei è sposata. Scandalo, copertine di rotocalchi. Comunque vivono insieme quattro decenni, poi si separano e resstano amici, molto amici, insieme hanno fatto due figli, nati e cresciuti in Sardegna.
«Io un partito ce l'ho e mi sono sempre schierato da quella parte: il partito dei sardi. Io simpatizzo per chi sbaglia, per chi vive in un certo modo».
Ecco.