eveline

___________________________________ 5 - 4 - 3 - 2 - • - 0 (Prove Tecniche di Trasmissione: mindfuck express)
Eveline, primi anni del 2000, tutti i martedì notte o quasi, casa studenti a Napoli, sgangherato su un divano sfondato ritrovato tra i rifiuti della città, in splendida solitudine mentre gli altri abitanti della casa dormivano. Eveline fu una striscia temporale, uno spin-off di Fuori Orario. Documentari storici, telefilm, montaggi di reportage d'attualità o del recente passato mandati in onda sottoforma di raccoglitore anarchico, vaneggiante, onirico, sconclusionato, da quella redazione di critici, registi, esploratori delle prime ore del giorno nascente. Da lì sono passate vere e proprie suggestioni incancellabili.
I film di Leni Riefenstahl, Il Trionfo della Volontà, sull'enigma del consenso nazionalsocialista dei raduni di Norimberga, Olympia, corpi perfetti di giovani bellissimi, eroici ed erotici, sui confini di luci e ombre incredibili al rallentatore, in evoluzioni tecniche stupefacenti per gli anni '30, il suo cinema della montagna, Das Blaue Licht, romantico e disperato. Autobiografia di uno spettatore della notte prima sottoposto a Berlin Alexanderplatz di Rainer Werner Fassbinder. Le eveline furono delle rivelazioni di cose (mai) viste. Eveline stessa fu una visione.

Johnny’s in the basement mixing up the medicine, I’m on the pavement, thinking about the government...
Cut-up frenetici e talvolta volutamente incomprensibili, intossicati di immagini, suoni, informazioni in esubero, la squadra di Fuori Orario, Blob, Schegge, Vent'anni prima, La Magnifica Ossessione, mette in scena da quel 2 Novembre del 1989 quello che Burroughs e Gysin mettevano su carta e su nastro in letteratura. L'apocalisse della nostra cultura visiva. Televisione, musica, cinema, materiali costruiti-smontati-decostruiti e ricomposti in una forma quasi inedita di scrittura non-sequenziale affine a quella dell'ipertesto di Ted Nelson. Il loro punto di contatto, il loro luogo comune, il loro accordo segreto nel montaggio della grande frammentazione tradotta in immaginazione narrante. Unitarietà impalpabile, coerenza narrativa al flusso incessante di fotografie in movimento che si presentano nella loro abnorme frammentarietà, un'estrazione da una complessità che travolge articolazioni e interpretazioni che sfuggono a una comprensione immediata, ma data e posticipata, rimandata e differenziata, prima ancora del caos a venire della forma di vita aliena dell'internet.
Videodrome, un'operazione che da allora testimonia pure un'impossibilità, quella di una riduzione della complessità contemporanea insita nei media, vecchi e nuovi, e nella società, e che designa pure l'appartenenza dell'essere umano al caos mediatico stesso, affaticato sempre di più nella coscienza di esserne ripetitore, creatore e consumatore, stremato nel tentativo di interpretarne i frammenti comunicativi.
Un virus del linguaggio, un nastro a ciclo continuo che smonta e taglia e cuce il discorso politico-sociale e lo mette in discussione, estirpandolo dalla sua presunta omogeneità e coerenza argomentativa, incastrandolo in sequenze che lo fanno affluire nella metafora alle volte e quasi sempre insensata e paradossale della demenzialità di certa televisione pop. E sotto a tutto la risata subacquea di Eveline.

Sigla d'apertura leggendaria, che fino a poco tempo fa metteva insieme L'Atalante di Jean Vigo con il Patti Smith Group in un videoclip d'eccellenza, un format che probabilmente, anche inconsapevolmente, ha ispirato programmi locali sconosciuti per forza ai più come Effetto Notte, Girato Ieri, Stress di Notte... e poi la comparsa di quell'uomo che conoscono tutti i night-zappers del palinsesto notturno italiano. Un passato in aspect ratio 4:3 e in qualità VHS, voce attutita e filtrata da disturbi elettromagnetici, faccia rasata e slavata, t-shirt bianca su parete dello stesso colore, occhiali alla Elvis Costello, oppure in cuffie in una camera anecoica con giubotto di pelle e barba incolta, audio e video in perenne ritardo fuori-sync, Telefunken, Nordmende, il nostro signore delle riproduzioni, il portiere della notte senza fine. Détournements, psicogeografie, trattati di filosofia filmica e psicoderive televisive, i sabati notte sfasciati, tornando a casa e lasciandosi cullare dalle lenzuola e da documentari provenienti dal Belgio, da schegge impazzite di falsi movimenti, paleotelevisione, tubi catodici, film impossibili da vedere su altri canali, dalla Cina, dal Giappone, da tutta Europa, Filmstunde di Werner Herzog, Pola X di Leos Carax mentre fuori imperversava una tempesta d'acqua e vento, The Birth of a Nation di D.W. Griffith, Wenders, Antonioni La Notte, Zabriskie Point e Deserto Rosso, inesplorate diete mediatiche e frequenze personali da registrare, fratti di montaggi frammentati, tempi quasi dispari, diegesi e trionfi di spazio-tempo laterale, capodanni ipnotici con fasce lunghe di Blob annuali, indici che come un pulsante accendevano una nazione in cui a quell'ora era notte piena o molto nuvoloso, antenne, radiazioni, cultura della frammentazione, eveline che probabilmente erano un riferimento all'opera di Joyce o una semplice visione di qualcosa che prima appare e poi velocemente scompare nel nulla televisivo.
La visione surreale di Dita Parlo, Eveline.

Look out kid, it’s something you did, you don’t need a weatherman to know which way the wind blows... Mario Schifano dipinge e tutti i suoi televisori restano accesi. L'apparente incomprensibilità dei discorsi interpretativi televisivi di Enrico Ghezzi, mitigati da una sorprendente logica comunicativa e coerenza espressiva nelle conferenze stampa per ZAUM - Andare a Parare, tanto che i video mandati in onda erano sempre gli stessi e cambiavano solo i testi dell'autore, al punto che una volta un sordomuto arrivò a chiedergli per quali motivi notte dopo notte dicesse sempre le stesse cose. Un archivio impagabile da tramandare, impossibile da contenere. La fonte inesauribile del consorzio umano fornito dalla televisione stessa, ché in questo universo parallelo chiamato realtà Blob non sarebbe possibile se gli autori di questo processo collettivo non sondassero il daytime/daydrama televisivo... e poi succede che bene o male lo stesso staff di notte manda in onda Rashomon, guarda a Chantal Akerman e King Vidor e trasmette i Frammenti Elettrici, Keep On Touch, Mindadze su Chernobyl, Scorsese e After Hours, ma quello, certamente, è tutto un altro livello di estinti e autoscopie, e per accedervi bisognerebbe ancora andare a controllare la programmazione di Fuori Orario. Nostro vuoto e le ore antimeridiane, la vacuità e la vastità della notte, dove "non c'è nessuno, tranne noi (e i) mostri".
Gli ultimi giorni dell'umanità nell'acquario di quello che manca. McLuhan, Time Itself.
In principio c'era la parola, alla fine ci fu l'immagine. O'Blivion, tempo della memoria.
Love is the telephone (and) the night belongs to lovers... and to the Ghost of Marx.
Die Zeitgeist, come frammenti di vita. Contenitore notturno, buona visione. Eveline.


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