Fino a che punto vivere?
Alcuni giorni fa sono state pubblicate notizie riguardanti le condizioni di salute di Alain Delon. I familiari hanno espresso preoccupazione dal momento che l'attore (all'età di 88 anni) sta seguendo un ciclo di cure intese a contrastare un linfoma a lenta evoluzione. L'attore sembra non passarsela bene, avendo confessato di essere stanco di vivere, come a voler fare intendere che un suicidio assistito sarebbe il minore dei mali giunti a questo punto.
Leggere simili notizie fa sempre impressione, specie se si tratta di personaggi un tempo alla ribalta in quanto attori o attrici. Il successo meritato, accompagnato dalla salute, possono indurre a credere che le ingiurie del tempo che scorre non valgano per sé stessi, ma solo per altri. Ma ovviamente la natura non guarda in faccia a nessuno e il decadimento senile arriva gradualmente, tanto che tempo fa si è appreso il motivo per cui da anni un attore di vaglia come Jack Nicholson non recita più: semplicemente non riesce più a memorizzare le battute di qualsiasi copione. E questo non gli giova proprio anche psicologicamente.
Prima ho scritto " suicidio assistito" e so che dietro simile formula nel recente passato italiano si sono verificati casi umani di grande risalto. I nomi di Eluana Englaro, Dj Fabo hanno interrogato tutte le nostre coscienze su quel ponderoso tema chiamato fine vita, ovvero fino a che punto vale la pena tenere in vita artificialmente persone cerebralmente morte. Insomma: in tali condizioni ci si trova di fronte ad una vita degna? E allora non sarebbe il caso di consentire una morte dignitosa? Un dilemma tosto e va detto che solo nel 2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato non punibile l' assistenza medica al suicidio assistito. Resta comunque un vuoto legislativo poiché lo Stato italiano non è ancora riuscito a legiferare chiaramente sull' intera tematica e intanto ogni Regione tenta di emanare norme su una materia così spinosa, senza riuscirci.
Certo è che non si tratta solo di quei casi in cui le persone sono mantenute artificialmente in vita. Mi è venuto da pensare a coloro i quali, più o meno anziani, non trovano più i necessari stimoli per vivere. Il pensiero della decadenza senile può spaventare, così come può insorgere uno stato di depressione psicologica da cui non se ne esce. Mi aveva colpito apprendere, nel 2011, della decisione presa da uomo politico brillante e a suo tempo fascinoso come Lucio Magri ( fra i fondatori de "Il Manifesto") che, afflitto per la recente scomparsa della moglie, si era recato in Svizzera da un amico medico per sottoporsi a pagamento al suicidio assistito. Una decisione estrema e discutibile per chi crede nel valore sacro della vita. Eppure non penso che si possa imporre altrimenti a chi è ben determinato a decidere di compiere un passo liberatorio, se non si vuole più soffrire (e senza bisogno di recarsi in Svizzera per pagare un simile servizio). Resta il dilemma angoscioso di quale scelta adottare e lì si è soli con la propria coscienza.