Una vicenda di ordinario sfruttamento
La recente morte del bracciante agricolo Satnam Singh, avvenuta in circostanze orrende il mese scorso nelle campagne in provincia di Latina, ha fatto molta sensazione e suscitato molta indignazione. Ora, a distanza di alcuni giorni e mentre l'attenzione generale si riversa su altre notizie, mi accingo a fare qualche riflessione su quanto successo.
Intanto, ho constatato molta solita ipocrisia e non solo per l'ennesimo infortunio sul lavoro (purtroppo ogni anno l'elenco di eventi tragici in tale ambito è sempre fitto), ma anche per il tema del caporalato in agricoltura. Qui la novità è veramente relativa, dal momento che subito dopo l' unità di Italia (1861) fu condotta un'inchiesta parlamentare sul problema già evidente a quei tempi. Sarebbe da dire che qualcosa si sarebbe potuto fare nel frattempo e quindi come mai il caporalato è tuttora presente?
Altra ipocrisia rivoltante è definire i lavoratori agricoli ,sfruttati dal caporalato ,"invisibili". Davvero nei campi coltivati non si vede anima viva al lavoro? Chi dovrebbe controllare e verificare che non ci siano situazioni anomale tipo "lavoro nero" è per caso affetto da cecità? Fra l'altro, nella rete distributiva commerciale italiana non mancano fortunatamente frutta e verdura e quello che giunge sulle nostre tavole, previamente acquistato, è stato raccolto da alcune persone in carne e ossa, certamente non da fantasmi che si spezzano la schiena sotto il sole. Così almeno dovrebbe essere...
Un'altra mia personale considerazione verte sul fatto che la categoria del lavoro è così considerata in Italia da aver indotto i nostri Padri costituenti a specificare, nell'articolo 1 della Costituzione, che " l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro". Alcuni sostengono che la nostra Costituzione sia la più bella in vigore su scala mondiale. Io non so ma che il principio citato, ispirato ad un certo orientamento ideologico di alcune forze politiche presenti nell'allora Assemblea costituente, si esplichi secondo le dinamiche dell' economia di mercato non mi pare così rassicurante. Quante volte, in tutti questi decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale, aziende in crisi hanno dovuto chiudere i battenti, lasciando i lavoratori a casa con tanto di sussidio di disoccupazione (e io stesso mi sono trovato in simile situazione)?
Per non parlare poi dei tanti, troppi infortuni sul lavoro che non fanno onore alla Repubblica italiana. Il lavoro non dovrebbe essere maggiormente considerato, dato l'articolo della Costituzione sopra citato?
Insomma, come cittadino italiano nutro dubbi gravi ogni qualvolta leggo dell'ennesimo incidente sul lavoro, con grandi dibattiti da cui nulla di concreto scaturisce. Forse sarebbe il caso, dal momento che c'è sempre qualche idea di riforma costituzionale, rivedere quel criterio fondante in apertura di testo costituzionale. Perché non richiamarsi, semmai, all'irrinunciabile esigenza di garantire giustizia e libertà (dal nome di una famosa brigata partigiana che si batté contro la dittatura nazifascista) per tutti i cittadini italiani?