In Morte Del Poeta.
Con colpevole ritardo vorrei sommessamente salutare il Poeta che accompagnò parte della mia stupida, incoerente, disperata e meravigliosa adolescenza, coi suoi versi crudi e terribili, asciutti e dolcissimi, in cui specchiavo la mia breve vita, da cui bevevo a sorsi esagerati quando avrei dovuto centellinarli a gocce, in cui cercavo me, stupendomi dell'evidenza che così bene egli mi conoscesse.
Mi sarebbe ricapitato, nella vita, solo con Sanguineti, con Caproni, con De Andrè, con De Moraes e un paio d'altri.
Sinfield mi graffiava a sangue la fronte e Vinicius da Rio me la tergeva, Giorgio il Livornese la medicava e Fabrizio d'Albaro la riapriva, con due soli versi, con un paio di rime. Bel gioco.
Poi, invecchiato, certo, lo vidi nella caldissima estate del 2010 al Festival della Poesia a Genova (grazie, Claudio, vecchio amico, già semidio della new wave genovese, poi Augusto Organizzatore, coi tre soldi che il Comune ti stillava, del Verso in piazza, sembrava tu scegliessi gli ospiti secondo i miei gusti...).
Grassoccio, no, grasso, sciatto, maglietta da tre lire e jeans gloriosamente stravecchi, pochi capelli e nessun'aura da Vate, semplice come un camallo in pensione e col sorriso sincero di chi apprezza l'amatissimo Shelley ma anche un buon bianco della Riviera, secco e amarognolo.
Ascoltava molto e tutti, rispondeva gentilmente, con quell'accento così scivoloso e londinese, gesticolava pure un po', per spiegarsi e parlava, con grande cortesia, lentamente, con pochissime parole ma tanti avverbi, aspettando sempre che tutti avessero capito.
No. L'aspetto del Vate non ce l'aveva, ma neppure l'aveva mai avuto, neppure da giovane, quando incideva i suoi versi sui miei polsi ed in quelli di tanti miei coetanei e sembrava, a guardarlo, un qualsiasi frequentatore di concerti rock, il bassista d'una band qualunque e prima di compiere trent'anni aveva già abbondantemente alimentato le fonti a cui abbeverarsi di poesia, di testi tra il sognante e lo psichedelico, tra artifizi visionari ed esoterismi arcani.
Pure profetico, a tratti... "Il seme della morte, la cupidigia dell’uomo cieco, poeti affamati, bambini sanguinanti... Non ha davvero bisogno di nulla di ciò che possiede l'Uomo Schizoide del ventunesimo secolo".
Buon viaggio, Poeta.
E scusa il ritardo.