La mia contrarietà all'obbligo di votare l'opera su DeBaser
Entro su DeBaser per pubblicare l’ennesima recensione, arrivo nella sezione voto, mi accingo a mettere il mio consueto “non voto” e scopro che l’opzione non è più disponibile, ora bisogna per forza dare un voto da 1 a 5. È stato “traumatico” (si fa per dire) per me scoprire che di punto in bianco dare il voto all’opera recensita è diventato obbligatorio.
Prima di entrare nel merito faccio però una breve cronistoria del mio “voto/non voto”. Quando ho cominciato a recensire qui nel lontano 2008 ero appena diciannovenne, ero un recensore ancora acerbo, immaturo, guidato dall’eccessivo entusiasmo, che non aveva ancora ampliato più di tanto i propri orizzonti e che vedeva nelle composizioni tentacolari e ipervirtuose dei Dream Theater il tutto e metteva tutto il resto sotto. In generale per circa due anni ho pensato che la musica progressive fosse l’unico genere in cui si realizzasse il pieno compimento dell’arte musicale, tutto il resto per me erano “canzonette” (non che abbia smesso di sostenere la “superiorità progressiva” ma ora ascolto miriade di gruppi non prog che reputo comunque artistici). Dopo gli anni dell’adolescenza passati ad ascoltare compilation personalizzate con brani pop-punk, post-grunge, nu-metal, ecc., quei brani iperstrutturati e ricchi di virtuosismi, con l’uso di tastiere oltre alle solite chitarre, apparivano come qualcosa di inevitabilmente grandioso, tanto che mi veniva impossibile o difficile dare meno di 5 pallini. DeBaser era allora molto più vivo e frequentato e le critiche sul mio metro di giudizio piovevano di tanto in tanto sulla mia testa. Io non davo molto retta a queste critiche, penso che ognuno di noi non dovrebbe curarsene, però queste hanno finito per stimolarmi una serie di riflessioni che mi hanno portato alla decisione definitiva di non attribuire un giudizio numerico alle opere recensite.
Innanzitutto è molto ma molto difficile essere obiettivi, perché il nostro pensiero è influenzato da un numero incalcolabile di variabili e un ruolo importante lo gioca il nostro inconscio, inoltre è impossibile non farsi trascinare nemmeno un pochino dall’entusiasmo, rimanerne impassibili, che tu sia anche la persona più imparziale del mondo. Un tempo ero molto di parte e molto più trascinato dall’entusiasmo, adesso sono più maturo e ponderato, ma ciò non toglie che io possa avere ancora le mie strane idee sulla musica o un certo campanilismo che potrebbero sbilanciare troppo il mio giudizio verso l’esaltazione.
A rendere difficile la valutazione è anche il fatto che bisogna scegliere in una scala molto ristretta che va da 1 a 5, niente a che vedere con la scala molto ampia (da 1 a 100) di siti come Metallized e Truemetal. Con una scala così ridotta il rischio di essere iniqui in un panorama musicale sterminato è assai alto. In una scala che va dall’1 al 100 si ha un’ampia possibilità di giudizio; posso dare ad esempio un voto fra il 95 e il 100 ai capolavori epocali, rivoluzionari, quelli che segnano la storia, posso dare qualcosa come 85, 90 o poco più ai capolavori di nuova generazione, dall’ispirazione pazzesca ma meno epocali e rivoluzionari, mentre posso dare 80 o poco più al disco molto ispirato e ricco di idee che però non ha ancora la stoffa del capolavoro. Da 1 a 5 invece vuol dire che devo dare 5 sia ai dischi che hanno segnato un’epoca, ma devo darlo anche a lavori moderni molto ispirati ma meno epocali, perché dar loro 4 stelle sarebbe poco. Le 5 stelle che do a “In the Court of the Crimson King” saranno le stesse 5 stelle che do ad un “The Mountain” degli Haken? Sul primo possiamo essere tutti d’accordo che è da 5 stelle, ma sul secondo? Dovrei limitarmi a dargliene 4 ma per un disco della madonna ricco di soluzioni spiazzanti come “The Mountain” non sono troppo poche 4 stelle? Stesso discorso è applicabile al disco prog medio, quello magari poco innovativo ma saldamente ben composto e ben suonato, con arrangiamenti solidi e più o meno variegati e melodie comunque struggenti, penso ad esempio all’ultimo disco degli IQ: 4 stelle sembrano la scelta più naturale per dischi del genere, ma ci sono dischi di questo tipo che spesso hanno dei difetti che potrebbero abbassarne anche di parecchio il giudizio medio, e qui mi viene in mente l’ultimo lavoro di Steven Wilson. Cosa dovrei fare? Dare 3 stelle, cioè una più che sufficienza? Ma a dischi di tale livello posso limitarmi ad una risicata sufficienza solo perché ci sono diversi piccoli difetti? Alla fine mi rendo conto che meno di 4 non si riesce a dare.
Avete visto che casino che si crea? Rischio di dare lo stesso voto a dischi con ben diversa rilevanza innovativa e storica o addirittura a dischi fra cui c’è un marcato divario di creatività e ispirazione, con il risultato di sembrare non solo iniquo ma anche poco credibile. Un’opera complessivamente di spessore può avere difetti notevoli che possono abbassare notevolmente il giudizio, al contrario un’opera più normale può avere numerosi picchi che fanno alzare il voto di parecchio; finisce così che due opere qualitativamente diverse ricevono lo stesso voto. A giocare un ruolo fondamentale sono anche le aspettative circa una nuova uscita: se da un artista ci si aspetta poco anche il disco semplicemente “molto buono” può sembrare un capolavoro e prendersi un voto piuttosto alto, se al contrario l’artista ci ha abituato al capolavoro anche un disco soltanto “ottimo” prenderà un voto più basso; va a finire che il primo si becca tanto quanto o persino più del secondo. Complessivamente è un po’ quello che succede a scuola quando si tenta di dare un voto equo ad un alunno (sebbene lì almeno la scala sia dall’1 al 10): quante volte viene dato un voto alto all’alunno meno bravo solo per alcuni picchi raggiunti durante l’interrogazione e quante volte invece il voto dell’alunno più bravo viene abbassato solo per qualche strafalcione inaspettato; quante volte abbiamo mostrato il nostro malcontento all’insegnante per i voti decisamente poco meritocratici o troppo “condizionati”, “di parte”. La difficoltà di quegli insegnanti io col senno di poi la capisco, perché è veramente difficile dare un voto onesto e imparziale risultando equi e credibili.
Sono inoltre dell’idea che ogni opera abbia il suo fascino intrinseco, pur con tutti i suoi difetti, so che esistono opere incredibili e opere un po’ più normali e terrene ma ognuna di esse è una forma di espressione a suo modo, apprezzabile in tutte le sue sfaccettature, anche quelle negative, non esistono opere brutte, solo diversamente belle; per carità, le porcherie esistono eccome (sono solitamente quelle commerciali e destinate al largo consumo), ma quelle non sono certo definibili opere d’arte. E poi chi ascolta musica sa perfettamente che i dischi invecchiano nel tempo, in male o in bene, il modo in cui li percepiamo può cambiare. Attribuire loro un numero vuol dire ingabbiarli, etichettarli; un numero appena un po’ più alto vorrebbe dire esaltarli in maniera eccessiva, un numero più basso potrebbe invece sminuirli, persino denigrarli, in ogni caso condannarli ad una sentenza definitiva e porre un freno ad una loro rivalutazione futura.
Diciamo che io sono sulla stessa lunghezza d’onda del celebre maestro Alberto Manzi (quello della trasmissione “Non è mai troppo tardi”, che insegnò a leggere e scrivere a milioni di italiani analfabeti): anche secondo lui i voti avrebbero finito per segnare definitamente un alunno, condizionandone il percorso di apprendimento, stroncandone i progressi e perfino screditandolo definitivamente agli occhi altrui; si rifiutò di compilare le schede di valutazione e fu sospeso dall’insegnamento. I dischi funzionano allo stesso modo, chissà quanti dischi hanno finito per essere definitivamente cassati a causa di giudizi perentori e negativi che si sono tramandati nel tempo (mi viene in mente un “Dedicated to Chaos” dei Queensrÿche o un “The Astonishing” dei Dream Theater).
In conclusione di tutto questo lungo discorso… la mia politica d’ora in poi sarà la seguente: darò un 4 politico ai dischi che recensirò, ma in realtà così politico non sarà, perché recensisco perlopiù dischi prog e penso che un disco di tale genere simbolo di splendore e magnificenza difficilmente possa valere meno di 4 stelle; posso dare le 5 stelle al capolavoro di quelli che mi fa sobbalzare dalla sedia ma avrò sempre un po’ di timore a farlo, mentre posso limitarmi a 3 solo di fronte a quei dischi suonati con un po’ di sufficienza ma è molto difficile che siano dischi prog, più probabile che siano dischi più pop. In ogni caso vi invito a non prendere troppo seriamente quei pallini neri. Questo sempre che le autorità di DeBaser non abbiano un ripensamento (chissà, magari anche dopo aver letto questo simpatico dibattito filosofico)...