Un temporale estivo

Sono giorni di tremenda calura nel cagliaritano. Ieri pomeriggio, alla fine del primo set di una partita di tennis, ho dovuto cambiarmi la maglietta. Era madida, zuppa: peso stimato tre chili. E’ naturale che poi il vicino, al mio rientro, mi abbia detto per l’ennesima volta: “Stai dimagrendo?” e io: “Sono solo delle partite di tennis”, ma so che in realtà è della mia sanità mentale che si tratta. Il tennis è una medicina: riempie le ore vuote di questi pomeriggi estivi e manda il cervello in vacanza per un pò, prima che i pensieri diventino realmente insopportabili quanto questa afa estiva.

Oggi, diciotto agosto, nuovamente si riparte con la stessa aria opprimente. Nonostante ciò, si trascorre una serena mattina: un po’ di riposo, qualche lettura (compreso un salto su debaser) e una seconda visione di Hollywood Party. Ma è il pomeriggio l’ora del giorno in cui i pensieri si adombrano. Al rientro a casa, dopo un pranzo frugale, la mente vaglia le due opzioni: tengo spenta l’aria condizionata e mi sdraio su un duro materassino sul quale col mio sudore lascerò la “mia” sindone o la accendo e mi isolo dal resto del mondo per restare solo coi miei pensieri?

Tudutudutututututu Tudutudutututututu Tudutudutututututu Tudutudutututututu

“Ciao pa’, dimmi?”

“Davide, qualche parte sta piovendo. Andiamo a vedere?”

Ok, il materassino non mi avrà.

Dopo due estati di caldo infernale e siccità sahariana, in questo agosto stanno tornando i temporali. Sin da bambino ne sentivo parlare, quando, senza macchine refrigeranti, al caldo non c’era nessuna risposta, fino a che, dopo Ferragosto, arrivava la pioggia e ci si preparava a vendemmiare”.

Insomma, in tre minuti, sono in macchina, e dopo altri tre sono da mio padre che, con i temporali all’orizzonte, non riesce a stare chiuso in casa.

“Dove andiamo?” Nel campidano il cielo è terso (come sempre), ma a nord-est in lontananza si scorgono delle nubi: “Sembrano troppo lontane e nel corso del viaggio potrebbero dileguarsi”. “Usciamo dall’abitato e vediamo meglio”. Un paio di chilometri e l’orizzonte si apre davanti a noi: dall’altra parte, a est, oltre Cagliari, oltre lo stagno, non si vede nulla! Le montagne che dal Campidano vanno fino all’iglesiente - dando le spalle alla costa di Pula con le sue meravigliose spiagge - sono coperte da delle imponenti nuvole nere.

Io e mio padre siamo due persone abbastanza riservate, poco inclini a parlare in modo diretto dei nostri affetti e dei nostri sentimenti. Il nostro pensiero sul mondo, le nostre sensazioni sulle nostre vite le condividiamo nelle pieghe di altri discorsi o dentro un’espressione del viso. Il nostro legame è viscerale.

Il viaggio, quindi, trascorre piacevolmente, in sottofondo Nico mi parla del suo cuore:

"My heart is empty

But the songs I sing

Are filled with love for you"

Per chi sia l’amore a cui sto pensando non importa. Siamo quasi a Capoterra, quando, sulla strada per Gutturu Mannu, la grande gola, e per la riserva WWF, mio padre mi avverte: “Tra trenta secondi inizia a piovere”. Non azzecca spesso, gli piace provarci e poi riderci sù.

Questa volta è diverso.

Venti, ventuno, ventidue.

Arriva la prima goccia, poi la seconda, la terza, mentre l’intensità aumenta.

Trenta, trentuno, trentadue.

E’ iniziato il nubifragio, io rallento, ma, nonostante qualche titubanza, di rientrare non se ne parla. Improvvisamente, si procede a passo d’uomo, ma si procede, timorosamente.

Perché le sensazioni che dà la pioggia estiva sono molteplici. Rigenera, alleggerisce, libera.

Il paesaggio intorno a noi, non è più quello delle spiagge cristalline o quello di Cagliari, la città di mare. Ci siamo addentrati nel bosco fatto di carrubi e querce. Siamo nella penombra, mentre il sole batte dieci chilometri più in là. I brutti pensieri pure.

Al rientro, Nico ha lasciato il posto a Dave Gahan che canta:

I’m taking a ride with my best friend

Eh, sì, caro Dave, oggi va proprio così.

Al rientro per un attimo mi viene in mente Woody Allen, in Manhattan:

“Be’, devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Be’, esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di vivere. E cosa? Ok. Per me… io direi… il buon vecchio Groucho Marx tanto per dirne una, e Joe DiMaggio e… il secondo movimento della sinfonia Jupiter… Louis Armstrong, l’incisione Potato Head Blues… i film svedesi naturalmente… L’educazione sentimentale di Flaubert… Marlon Brando, Frank Sinatra, quelle incredibili… mele e pere dipinte da Cézanne, i granchi da Sam Wo, il viso di Tracy…”

… una corsa col papà, verso un temporale estivo.


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