Casi Olimpionici
Le olimpiadi costituiscono uno stimolo all'apertura della Repubblica Popolare Cinese e una tappa positiva verso una maggiore trasparenza e il rispetto dei diritti umani.
E' sicuramente da interpretare in questo senso la 'scorta di cortesia' assegnata dal Partito all'attivista Wan Yanhai, noto dalle sue parti per la strenua difesa dei diritti dei malati di Aids: gli 'accompagnatori' naturalmente vogliono Lui un gran bene: non lo abbandonano mai annotando (saranno alla ricerca di particolari perle di saggezza?) ogni singola parola costui emetta dalla propria bocca; in Cina non è poi così difficile ottenere prolungate condanne detentive. Il caso Shi Tao fù paradigmatico in tal senso: condannato a 10 anni di galera per aver espresso la propria opinione, guarda un pò, in merito alla libertà di espressione!
Tra le altre e diversificate forme di rispetto dei diritti umani della Olimpionicamente Democratica Cina annoveriamo il curioso "divieto di uscita" (per precauzione dalle intemperie? E' notorio: da quelle parti il tempo è spesso inclemente..) quotidiano imposto recentemente a un'altra attivista, tale Zeng Jinyan, provvedimento esteso anche al solo recarsi alla compera dei quotidiani beni di prima necessità.
Il caso "Olimpionico" per eccellenza (un nuovo record?) lo si è registrato con il 34enne Hu Jia: sorta di portavoce di tutti gli attivisti dei diritti civili in Cina: costui, particolarmente infingardo in quanto sfruttò le eretiche potenzialità della Rete, è stato giudicato colpevole di "istigazione alla sovversione del potere dello Stato" per esser riuscito a contattare alcuni giornalisti stranieri ed aver fatto circolare liberamente 'notizie e curiosità' su questioni non esattamente, come in teoria avrebbero dovuto essere, all'ordine del giorno del Comitato Olimpico Internazionale.
Ovviamente a condanna avvenuta il Suo avvocato difensore non è più riuscito a colloquiare con il suo cliente: il processo, per la cronaca, è durato (ben) un giorno!
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