Esiste il progressive "di oggi"?

Argomento di poca rilevanza e di seguito pressochè nullo, ma per il quale vorrei proporre un paio di riflessioni, partendo dalla fatidica domanda: “Ha senso parlare di progressive "di oggi"?”  La mia risposta, del tutto personale e alla quale tenterò di dare giustificazione, è sì.

Il presupposto è nella spiegazione di quello che musicalmente è il progressive, cioè non un genere specifico, come lo può essere il jazz o il blues o la lirica ma un NON genere. Forse è più giusto parlare di un atteggiamento, un indirizzo musicale che si basa sull'espressività stessa della musica e sulla sua possibilità di essere strutturalmente modificata e manipolata, miscelando generi, esperienze e modi. Come tale, quindi, privo di reali canoni e privo delle limitazioni e dei confini che un genere codificato ha. Il problema è che il mondo musicale vede il progressive come morto e defunto attorno al 1977, cioè nel periodo in cui avrebbe finito di avere una sua collocazione e un suo senso, avendo esaurito ogni cosa e avendo detto tutto ciò che poteva essere detto. Ammettendo del vero in queste affermazioni, mi chiedo qual sia allora il senso di ogni altro genere musicale: forse il jazz recente sta dicendo cose nuove? Forse le sta dicendo la musica classica o quella operistica? Forse ci dobbiamo attendere una rivoluzione musicale con cose nuovissime di heavy metal? O di blues? Ecc. ecc. Seguendo questo ragionamento, quindi, non ha più senso nulla? Non ha più senso la musica nella sua totalità perché è già stato detto tutto e persino cose più recenti come il post rock, l’ambient, il doom ecc. hanno esaurito la carica innovativa che avevano? Possiamo anche rispondere sì e farci del male. Oppure possiamo ritenere che la musica di oggi possa essere rappresentata come evoluzione di tutto quello che è stato il passato con miscelazioni, rivisitazioni, personalizzazioni e, al limite, riproposizioni (possibilmente non plagianti). D’altronde se io ascolto progressive, se Tizio ascolta doom metal, se Caio ascolta classica e se Sempronio ascolta new age, ci sarà un chiaro motivo di piacere d’ascolto. Perché penalizzarlo? Non solo, perché penalizzare il diritto del musicista di fare la musica che piace, solo perché i potenziali ascoltatori sono, ormai, relegati in nicchia.

Parallelo con la letteratura: il giallo è un genere ritrito, dove è stato detto di tutto e di più, eppure gli scrittori di gialli e i loro lettori sono sempre presenti, anche questo è inutile?

L’ultimo anno ha avuto una serie di uscite progressive di notevole spessore, si potrebbero citare i Deluge Grander, Wobbler, Beardfish, Hostsonaten, IQ, Little Tragedies, Voodoo Monkey Child, Narrow Pass, Steve Thorne e Gargamel per il filone prog sinfonico/new prog. Poi Phideaux, Oresund Space Collective, Ozric Tentacles, Siena Root per la parte jam/space/psichedelica. E ancora Magma, Er.J. Orchestra, Forgas Band Phenomena, Simak Dialog, Ossi Duri, Runaway Totem, Miriodor, Univers Zero, Cheer Accident, Mirthkon, Simon Steensland, Present, Aranis, Gatto Marte, Degenerate Art Ensemble per la sezione jazz-rock/zeuhl/canterbury/avant/sperimentale. E infine Tom Moto, Sciarada, Slivovitz, Filoritmia, Colster, Arpia per le realtà italiane in via di espansione su fronti e influenze diverse e molto interessanti.

Sicuramente ne ho dimenticati, ma l’elenco è funzionale, oltre che a dare alcuni suggerimenti, a dimostrare che le uscite di progressive sono ancora tante e il loro valore è spesso alto. Che il genere (o non genere) sia relegato in nicchia è un dato acquisito, che se lo meriti può darsi anche, ma non trovo corretto che lo si definisca genere morto, perché non è fisicamente esatto.

Concludendo: ha senso parlare di progressive "di oggi"? Un secco sì, è la risposta esatta.


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