Solo come un'eccezione

Ci sono volte in cui mi sento solo come un’eccezione.

Sono le volte in cui qualcuno mi chiede se ho un profilo Facebook prima ancora di sapere come faccio di cognome, oppure le volte in cui il commercialista prova a spiegarmi perché anche quest’anno dovrò chiedere un prestito per pagare le tasse.

E poi ci sono le volte in cui il telefono di casa decide di non funzionare, e allora devo chiamare l’assistenza col cellulare, spendendo € 0,89 + IVA al minuto, e pesto nervosamente i piedi mentre attendo che la voce registrata mi dica quale numero devo premere per parlare con un operatore.

Sono le volte in cui all’aperitivo tutti si ammazzano attorno al vassoio dell’insalata di riso come morti di fame ed io, fra me e me, penso: “Ma non possiamo andare a mangiarci una pizza, così ci sfondiamo di birra e limoncello?! Lo abbiamo fatto per anni, prima che arrivasse la moda del ”Fare aperitivo”, ed era bello, no?!”.
Ho provato anche a proporlo, qualche volta, a quei pochi della vecchia compagnia che vedo ancora, e loro mi hanno risposto con uno di quei sorrisi tirati ed educati che si fanno quando qualcuno dice una battuta che tutto sommato non fa così ridere.

In questi giorni la zona in cui abito è completamente avvolta dalla nebbia.
La trovo al mattino, quando esco di casa per andare al lavoro, che riposa ancora sdraiata per le strade, e la trovo la sera, quando esco dall’ufficio, colorata d'arancione dalle luci dei lampioni.
Una nebbia così fitta non la si vedeva da anni, da queste parti.
In macchina, la notte, sembra di guidare nel latte. Oppure nell’ovatta. E le altre auto nemmeno le vedi. Non vedi le insegne, le case, le pubblicità. Proprio come se non ci fossero.
E ti viene da pensare che magari tutti gli altri sono già a letto a dormire e che, in quel preciso momento, in giro ci sei soltanto tu e queste specie di nuvole che hanno mangiato troppo e non riescono più a tornare in cielo.

Ecco, quelle sono le volte in cui sentirsi solo come un’eccezione non è poi così male.


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