Storia di Camillo

Il posto in cui vivo è una strana via di mezzo tra un paese e una città: non abbastanza grande per avere un centro commerciale, ma abbastanza grande per non riuscire a trovare parcheggio.

Non conosco quasi nessuno dei miei compaesani.
Però conosco Camillo.

Quelli come Camillo alcuni li chiamano ritardati, altri “uno che non è tutto lui”.
Per De Gregori sono quelli che trasportano “grandi buste di plastica del peso totale del cuore”. Solo che Camillo s’è scelto come busta un vecchio carriolone, scassato e arrugginito, con cui gira per tutto il paese. Anche se piove. Anche se nevica.

Camillo sorride sempre. A tutti. E se gli dici qualcosa e lui non capisce, beh, allora sorride un po’ più forte.

Quando eravamo bambini, capitava che Camillo passasse davanti al cancello della scuola e la maestra ci aveva insegnato a salutarlo e ad essere gentili con lui.
Tutti, in paese, quando lo vedono passare lo chiamano, e se hanno qualcosa che non usano più, qualcosa da buttare, gliela danno. Lui carica tutto sul suo carriolone e lo porta alla discarica. E tutti gli danno qualche euro. Così, per il disturbo.
Poi ci sono pure i figli di puttana che gli rifilano le vecchie cinquecento lire, oppure quelli che lo prendono in giro: gente per cui occorrerebbe un inferno apposta, molto più doloroso e molto più lungo.

Un po’ di tempo fa ho incontrato Camillo in un negozio di animali. E’ andato al bancone, ha rovesciato sul ripiano non so più quante monete, e ha chiesto del becchime per canarini. Il tipo del negozio gli ha detto: “Camillo, ti ricordi, vero, che oggi è l’ultimo giorno che siamo aperti? Guarda che da domani devi andare da un’altra parte, hai capito?”
Camillo non ha detto niente.
Lo ha guardato in faccia, dritto negli occhi. E ha sorriso un po’ più forte.

“Sono vent’anni che viene qui a comprare becchime per canarini. Tutti i giorni”, mi ha detto il negoziante, quando Camillo è uscito. “Speriamo abbia capito che da domani siamo chiusi…”.

Ci ho pensato parecchio, nei giorni successivi.
Chissà se il giorno dopo Camillo è tornato al negozio. Chissà se ci è tornato il giorno dopo ancora. Chissà quante volte è tornato, prima di capire che quella serranda sarebbe rimasta abbassata per sempre. E chissà se ha trovato un altro posto dove comprare il becchime.

L’altro giorno ho rivisto Camillo.
Era in mezzo alla strada e intralciava il traffico col suo carriolone pieno di cianfrusaglie.
Ad un certo punto, uno di fuori, un forestiero, ha suonato il clacson e lo ha mandato a quel paese.
Camillo si è fermato. Si è voltato. E lo ha guardato in faccia, dritto negli occhi.
E ha sorriso un po’ più forte.

E allora ho pensato che, sì, forse aveva trovato un altro posto dove comprare il becchime.


Carico i commenti... con calma