Crosstown Traffic

Lo dicono in tanti, lo dicono tutti: la musica è sempre più solo un sottofondo.
Si ascolta musica mentre si lavora, si studia, si cucina, si fa la doccia, si fanno le pulizie, si fa all’amore…
Raramente si ascolta musica “e basta”.

Nel mio caso la questione è legata a doppio filo all’annoso problema della massificazione delle rotture di palle.
Sfogliando il mio profilo Lastfm, ho scoperto che ascolto soprattutto la prima metà di ciascun disco. E il motivo è il più banale: tutte le volte che mi metto con la buona volontà e la sacrosanta voglia di ascoltarmi un album dall’inizio alla fine, uno sciame di scocciatori e fresamaroni mi scambiano per uno dei pastorelli di Lourdes e mi si manifestano nelle forme più disparate, finché alzo bandiera bianca e mi metto a fare altro.
E’ un po’ come quando a 12 anni ti chiudevi in bagno con la copertina dell’Espresso e non chiedevi altro che 10 minuti per volerti bene in solitudine. E, invece, in quei 10 minuti capitava di tutto: da “E’ pronto in tavolaaa!”, al tizio che ti telefona per chiederti se vuoi cambiare il salotto, ai testimoni di Geova che fanno gli straordinari alle quattro del giovedì pomeriggio.

A pensarci bene è sconfortante, ma l’unico momento in cui davvero mi godo la musica è quando sono in macchina. Soprattutto quando sono imbottigliato nel traffico.

Ecco, rivendico il mio diritto universale all’ingorgo quotidiano!

Niente di esagerato, per carità. Non voglio mica un incidente mortale, 18 km di coda, la protezione civile che distribuisce le bottiglie da mezzo litro e un collegamento dopo il servizio sui cani a Studio Aperto.
Mi basta anche un ingorghetto piccolino, meglio se di sera, a giornata finita, quando ormai non posso più arrivare in ritardo da nessuna parte. Non una di quelle code stressanti da frizione-prima-frizione-seconda-freno ad libitum.
L’ideale sarebbe, chetò: un carico di shampoo è caduto dal camion e adesso dobbiamo aspettare che si asciughi la schiuma, ci metteremo un’oretta, quindi spegnete i motori, avvertite a casa che arriverete tardi per cena e, se potete, non esagerate con le sigarette.

Penso che per prima cosa manderei un messaggio a chi mi aspetta.
Poi prenderei da sotto il sedile il porta CD e inizierei a sfogliarlo lentamente, come una lista di vini, cercando quello più adatto, da abbinare alla situazione e al mio stato d’animo.
Probabilmente sceglierei uno di quei dischi che non ascolto da tanto. Non troppo brutal, né troppo lagnarock. Qualcosa di ben suonato, da gustare con attenzione.

Spegnerei la macchina e tirerei giù leggermente il finestrino del passeggero.
Farei scorrere il sedile indietro, fino in fondo, e inclinerei leggermente lo schienale.
Allungherei le gambe e infilerei i piedi nello spazio tra i pedali.

E ascolterei.
E basta.


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