Treccani in islandese

Rideva acido nei confronti delle colline sottostanti. Pomposo, alzava la schiena e stava bello dritto con la sua parete verticale e cazzuta; capace di mantenere sul versante nord un po’ di neve fino a giugno inoltrato. Le guardava con sdegno e sufficienza quelle dolci curve verdi quasi mai innevvate, ed arrogante scaricava pure un po’ di pietre. Proprio su di loro, che dal basso lo veneravano come se fosse un Dio.
Dopo qualche migliaio di anni lo stesso monte viene venduto ad un avido collezionista. Come tutti anche questo è smanioso di avere vicino a sé il nuovo acquisto e così, senza perder tempo, fa arrivare subito in città un Miracle Blade milionesima serie perfetta. La famosa lama, che affetta benissimo anche il pane morbido, fa cadere con un taglio sapiente e deciso la gigantesca parete. Giù, nel teletrasporto posto con accuratezza alla base della stessa. Un suono elettronico ed istantaneamente le colline si scoprono essere quello che non erano mai state prima: assolate ed altissime ora dominano un panorama sconfinato.
Il monte invece, dall'altra parte del globo, si guarda spaurito e timoroso. Cazzo fa freddo, si dice, mentre tossisce un paio di grasse valanghe. Da qui quasi non lo vede più l'amico sole con il quale era solito discorrere a lungo del più e del meno. Spalle rocciose senza fine in ogni direzione gli coprono la visuale. Le risa di scherno taglienti ed acide, simili a quelle che rivolgeva alle colline, ci sono anche qui sebbene non le senta: giungono da troppo lontano, da troppo in alto e sfumano nel vento gelido.

In ogni compagnia ce n'era uno ed una parte delle serate adolescenziali ed universitarie, inutile negarlo, eravate soliti passarle prendendolo apertamente per il culo. Ed era un vero spasso perché non se rendeva nemmeno conto. Di fronte ad una battuta non colta, ad un doppio senso a lui invisibile, si proteggeva ridendo forzatamente. Ma non convinceva nessuno. Il cespuglio nel deserto che rotolava nel fumetto sopra la sua testa era gigantesco: una scritta al neon in una notte senza luci. In quello sguardo vacuo, in quelle uscite così innocentemente inopportune e disarmanti, era difficile riuscire a non cedere alla tentazione di forzare la mano. Almeno un po’. Perché se lo aveste lavorato ai fianchi con fare diabolicamente affabile, glielo avreste potuto vendere un volume di una Treccani in islandese facendogli credere che fosse davvero quella la cosa che doveva assolutamente acquistare.

Poi ti innamori. Prima di rinsavire e trovare gli occhiali della giusta gradazione hai già cambiato compagnia, coordinate IBAN, città e lavoro. Tutto procede normale e anno dopo anno scopri che questa gente dalla strana pronuncia con la quale vieni a contatto ti sta parecchio simpatica. La trovi acuta e stimolante: altro che i beduini pecoroni che governavi e prendevi per il culo. Discorsi al fosforo e ore piene di risate. Cazzo, non avevi mai riso così tanto in vita tua.

E così, dopo una di quelle serate divertenti ed appaganti, torni a casa soddisfatto. Riponi con cura il sacchetto sulla tavola e poi, con fare lento e sacrale, sfogli il grasso tomo in pelle appena comperato. Le rughe del tuo sorriso si asciugano in un istante per un volto di cera. Perché amaramente scopri che non c'è proprio un cazzo da ridere.

Toh, islandese.



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