L'orchestra e i triangoli

Il succo di polipo che ho bevuto sfogliando il paese delle Banane, stropicciando l’invenzione di Guttenberg e prendendo un pacco veloce poco prima di cena mi ha fatto sgranchire i neuroni e pensare.

L’orchestra da qualche tempo mostra evidenti problemi di sincronia e musicalità. La melodia che genera, unghie di Nightmare su una pentola ruvida. Gli strumentisti vetusti non mollano il posto ed i rincalzi sono lì che aspettano. Qualcuno di loro si incazza perché non capisce il motivo per cui le sue dita veloci debbano essere preferite a quelle lì, incerte e nodose, che si attorcigliano e si impantanano goffe sugli spartiti. Ci sarebbe da lavorare sugli archi, sugli ottoni, sul tempismo e forse bisognerebbe cambiare pure alcuni strumenti. Vecchi di decenni e mai puliti, usurati ormai irrimediabilmente. Insomma per il direttore ci sarebbe un gran da fare, ma invece di provare e riprovare i pezzi più tortuosi e ricomporre la preziosa sintonia nell’orchestra spreca tanto tempo sui triangoli: strumenti indubbiamente carini e ammiccanti, ma di contorno e quasi insignificanti nel risultato melodico complessivo. Nella concitazione degli eventi e delle prove, vista l'imminenza dello spettacolo, di quei triangoli sbattuti con veemenza dal direttore con una bacchetta dallo strano colore blue nessuno se ne cura. Nessuno li sente. Finché il polipo di cui sopra non starnuta su un pezzo di carta: solo allora quel lieve tintinnio, magia, diventa un urlo in un megafono.

Stupore, vergogna, biasimo, indifferenza, minimizzazione e strenua difesa si attorcigliano come edera rampicante su un muro infinito capace di oltrepassa perfino i confini nazionali e l'oceano.

Le rivelazioni, sempre che siano confermate direbbe un Diavolo non troppo grande, potranno anche indignare ma personalmente mi paiono assumere i connotati e le fattezze del soldato sopravvissuto alla battaglia di Maratona. Costui nel febbraio 2011 arriva ansimante dopo 42 km e 195 m per dirmi, poco prima di morire asciugato di ogni energia: “la Terra non è piatta!”

Sarà che ho raggiunto la saturazione. In questo quotidiano piatto di salgemma che mangerò anche stasera, un mezzo chilo di sale in più non lo sentirò nemmeno. Le papille gustative sono morte da tempo. Ho perso in questi anni di orchestre sbilenche e stonate ogni cosa. Chiavi di casa e punti di riferimento per orientarmi, capacità di esprimermi, di amare, di dormire. Speranza e perfino stupore.

Più spremevo questi tentacoli passandomeli sulle dita e più si è palesato un pensiero banale, ma a mio modo di vedere importante.

Non accettare l’invecchiamento, procrastinare l’inevitabile e continuare a fare i Peter Pan è un problema assai comune nella nostra società; basta svolgere lo sguardo anche distrattamente in una giornata qualunque. Oggi può andare bene. Ed è sufficiente buttare un occhio distratto mica troppo lontano: l’ufficio dove lavorate, la palestra dove bruciate, il bar e perfino la casa dove vivete. E’ tristemente vero affermare che molti, quelli che applaudiranno alla fine dell‘esecuzione a prescindere, farebbero carte false per essere lì, alla sua età, a suonare fino al definitivo piattume cardiaco quei tre gran pezzi di metallo con la loro bacchetta blue presa in farmacia.

E quindi, mentre chiudo questo polipo ormai morente, sento che il sentimento che prevale, alla notizia che l’ambo uscito sulla ruota di Roma è un 69 unito con un 74, è pura e semplice pena.

Mi ritrovo poi a ridere amaramente al pensiero che sta orchestra malconcia e sgarruppata rischi di cadere davvero non per le percussioni titubanti, per le melodie sbilenche, gli ottoni stridenti, i fiati spompati, i violini spenti, gli strumenti decadenti e la mediocrità stessa dei musicisti, ma per dei fottuti ed inutili triangolini che esaltano il direttore.
Fatale luce elettrica per una zanzara in una notte d’estate. Ma non abbiate timore, son certo che arriverà Bruce Willis a spegnerla ancora una volta. Proprio appena in tempo come si confà ad un eroe alla fine del film.


Carico i commenti... con calma