
Il crollo dell’Impero del Bengodi
Sono giorni questi in cui mi prende la nostalgia del tempo che fu.
L’altro ieri ascoltavo Lucio Dalla, l’album con “Balla Balla Ballerino” e “Cara”. Ricordo perfettamente quando lo comprai appena quindicenne, la sensazione che solitamente provavo quando tornavo verso casa con un vinilone nelle mani, assaporando il gusto del primo ascolto. Quei soldi me li dava di solito mia nonna, a fine mese quando prendeva la pensione, se non ricordo male erano sempre cinquemila lire. Ascoltando a metà album “Siamo Dei” mi è capitato di pensare che Lucio Dalla negli Ottanta aveva 37 anni. Addirittura dieci in meno di quanti ne ho io ora.
Considerando in aggiunta che Dalla non è più fra noi, e che questi anni in fondo mi sembrano volati, mi sono reso conto, così, sbadatamente, che forse era il caso di fare il punto della situazione, di fare un resoconto degli anni trascorsi, ed in particolare, visto quello che si sente in giro, degli anni trascorsi da cittadino di questa amata (e amara) terra in cui mi è capitato di vivere da quando sono nato, l’Italia. L’Italia, spinta dall’onda elastica dello spread BTP-BUND, sta finalmente cambiando, non ci sono dubbi. Per cui, prima che mi giri e non la trovi più, mi dedico alle rimembranze.
Il problema è che nonostante, come molti, abbia spesso bestemmiato contro i difetti tipicamente italiani, gli sprechi, gli statali messi negli uffici per scaldare la sedia, il tira a campare istituzionalizzato, per molti anni della mia età adulta ed anche della mia adolescenza... in fondo la “mia vecchia” Italia già un po’ mi manca. Di quella Italia ora mi rendo conto di avere tanti ricordi.
Ricordo che da bambino, nei primi anni Settanta, il giorno della Befana io con mio padre e mia sorella eravamo soliti andare all’Ufficio Centrale delle Poste Italiane nella mia città, presso cui lavorava un fratello di mia madre, per ritirare il regalo che la vecchietta sulla scopa, assunta per quel giorno speciale dalle Poste, lasciava ai bambini meritevoli. E fra i meritevoli c’erano anche tanti che non avevano né papà né mamma che lavoravano lì.
E poi c’era il figlio di un maresciallo del mio palazzo, anche esso marinaio di carriera, andato in pensione a metà anni ottanta, con buonauscita d’oro e con tanto di plauso della nazione intera, prima ancora che la nave su cui si era era imbarcato per assicurare la pace in Libano attraccasse a Beirut. E poi c’era, anni fa, il nuovo Ente Nazionale per la cura delle Barbabietole assunto presso il figlio del Ministro dell’Agricoltura. E po c’erano, qualche mese fa, i Ministeri del Nord.
Ora forse le cose stanno cambiando.
Si parla di tante cose, delle promesse di "Supermario" Monti, di diecimila statali in meno, di accorpamento delle province, di ospedali che non regalano più siringhe e medicine comprate a prezzi esorbitanti dall’azienda farmaceutica amica del Primario, "tanto paga papà"… Sono sicuro che questa è la volta buona, e ne sono soddisfatto.
In fondo, se a breve i bambini dovranno portare alle Poste, il giorno della Befana, i regali avuti a Natale perché i genitori possano continuare a fare i postini, è solo un dettaglio.
Al massimo, se non sono d’accordo con il nuovo corso, potranno sempre emigrare con i loro genitori in un altro posto, come cantava il buon Bennato, quando ero piccolo e felice, al tempo dell’Impero del Bengodi.