Debaser e i neuroni specchio

Gentili utenti, faccio il mio esordio in qualità di editorialista su Debaser per gentile sollecitazione e pressione di molti di voi, che spesse volte mi hanno contattato nei mesi scorsi, per un saluto, per alcuni suggerimenti, per una diagnosi della politica e dell’economia in un’epoca di profondi e per certi versi inattesi cambiamenti.

Avverto quindi l’utenza meno avvezza all’approfondimento, ed adusa a sfruttare gli editoriali per le proprie personali narrazioni sentimentali - filtro soggettivo per proporre una visione del mondo incomunicabile agli altri se non nella sua espressione estetica - che in questo editoriale (come pure nei prossimi che mi auguro di poter redigere) ci concentreremo sulla sostanza e non sulla forma, sull’esperienza comune e sulle relazioni possibili piuttosto che sugli slanci solipsistici da riservare ad altri momenti.

Venendo all’oggetto della mia dissertazione, vorrei approfondire la problematica della post-democrazia on line, che attualmente trova il suo supporto materico, se non la sua stessa causa, nel web e nelle sue molteplici piattaforma e comunità: sono recenti, e certamente note a tutti voi, le vicende in cui le nuove tecnologie sono state utilizzate in termini innovativi per proporre candidati, proposte, ed ottenere indici di gradimento o voti che dir si voglia.
Sarebbe tuttavia riduttivo limitare il fenomeno al solo movimento nostrano, dato che la e-democracy rappresenta un tema che trascende lo stretto confine patrio: forme di democrazia diretta mediante fora in cui formulare proposte o giudizi politici (gli eredi virtuali dell’antico forum), forme di comunicazione politica attraverso comunità del tipo facebook, forme di auto-promozione professionale-politica mediante linkedin o quant’altro danno una chiara idea della complessità del problema.

Visto con l’occhio disinteressato dell’osservatore esterno e del notista politico, il fenomeno presenta almeno un paio di costanti: il linguaggio ed il modo con cui si presenta una persona, o si rappresenta una proposta politica, resta essenziale, anche in chiave retorica; la dimensione retorica è propria di ogni mezzo di comunicazione, per cui anche video, documenti, musica e quant’altro si inseriscono in una retorica multimediale finalizzata alla persuasione o al convincimento del ricevente, più che alla ricerca della verità o alla promozione di valori; l’espressione del consenso o del dissenso rispetto alla proposta ha invece mezzi tendenzialmente limitati all’espressione di un gradimento in codice alfanumerico, alla formulazione di giudizi tendenzialmente ristretti a poche centinaia di caratteri, privilegiando così l’efficacia della risposta nelle forme della polemica e dell’invettiva, anziché attraverso una proposta costruttiva o un confronto franco.
Prevale la velocità della comunicazione, l’appeal delle proprie idee, la capacità di rappresentarsi e rappresentare: tutti valori che nell’antichità classica sarebbero stati riconducibili alla protezione del dio Ermes, il messaggero degli dei, o, in termini più laici, archetipo del modello di comunicazione binaria e rapida che si esprime tramite sms, twitter, “mi piace, non mi piace”, stellette o palline: abbiano ad oggetto una canzone, un ristorante, il rating economico-finanziario dell’impresa per cui lavorate o del paese in cui vivete.

Possono esservi certamente delle eccezioni, ma questi appaiono di norma i confini del “mezzo”, che non è forse il “messaggio” nei termini di McLuhan o di tanto post-modernismo, ma appare certamente come un mezzo capace di condizionare l’articolazione del messaggio. Non escludo che i romanzieri russi del XIX sec., viventi oggi, aprirebbero un blog, anziché attardarsi nella stesura di un Karamazov o di un Oblomov.
A ciò vorrei aggiungere un’ulteriore osservazione: il mezzo ed il messaggio hanno un singolare effetto di “mimesi” nei confronti dell’uditorio, che tenderà a reagire nei confronti del messaggio attraverso un imitazione degli stessi stilemi e degli stessi meccanismi di comunicazione, come del resto pare comprovato da recenti ricerche in tema di “neuroni specchio”.
Ad sms o twitter polemico si risponde con sms o twitter polemico; ironico con ironico; ad attribuzione di punteggi o di rating con altri punteggi ed altri rating volti e via dicendo.

Gli utenti più attenti e serii hanno certamente inteso ed anticipato il prossimo passaggio della mia analisi cogliendo significative analogie fra l’atteggiarsi di una comunità politica on line e l’atteggiarsi di una comunità che, più innocuamente, si occupa di arti musicali, visive, video ludiche o letterarie come Debaser.
A ben guardare, mezzo di trasmissione del messaggio, qualità del messaggio, effetto mimetico, rivelano impressionanti analogie strutturali: muta semplicemente l’oggetto della discussione, laddove l’ars politica resta sotto la salda protezione della dea Atena, mentre l’ars ludica debaseriana vaga fra la protezione di Apollo, Afrodite e Dioniso, a seconda delle arti e degli interessi degli utenti.

Chiudendo con una possibile esemplificazione del mio discorso e lasciando spazio ai suggerimenti dell’utenza: se un’utente si iscrivesse a Debaser attivando una identità contraddistinta da un richiamo al comunismo (es. Berjia Jr), con una de-scheda con chiare allusioni a simboli comunisti (es. un parata di carrarmati nella piazza Rossa), o con una biografia che solletica parallelismi con altri comunisti conosciuti dall’utente (es. trascorsi da camallo o metalmeccanico) la reazione preventivabile dell’utente medio potrebbe essere identica nello stile e nel linguaggio, ossia nello schema mentale di fondo, ancorché rivolta a confutarne gli assunti. Ma lo stesso potrebbe dirsi nel caso di un fake in senso proprio.

Ed il giudizio complessivo nei confronti di questo utente sarebbe espresso nello stesso modo in cui egli giudica libri, opere cinematografiche o musicali: cinque palline, o cinque stelle, non tanto come sintesi di un modo di pensare, ma come un nuovo modo di pensare sia nel privato che nel politico.


Carico i commenti... con calma