I conti non tornano

Il problema è che ogni bipede, in quanto governante e re assoluto del proprio agire e pensare, è condannato a credere di avere sempre ragione. Se commettiamo un errore le circostanze eccezionali, o le mancanze altrui, giustificano quel comportamento anomalo rendendolo inevitabile e quindi accettabile. Non possiamo essere parte del problema che, giocoforza, va ricercato all‘esterno nei meschini e riprorevoli comportamenti del resto della popolazione. Ma se ognuno ha questa cognizione di sé, come è possibile giustificare tutto lo schifo che ci circonda quotidianamente e che si perpetra nel tempo? Se tutti pensano di essere - il fatto che non lo diciamo apertamente non conta un cazzo - speciali e fuori dal comune rispetto alla mediocrità come può questa splendida moltiplicazione dare un risultato così scadente?
I conti non tornano.

D’altro canto siamo tutti CT della nazionale e voteremmo volentieri per il partito che vede noi a capo: i soli capaci di risolvere in pochi anni tutti i problemi con un sonoro schiocco delle dita. E' normale che sia così: in qualunque landa siamo nati ci hanno inculcato nei secoli a martellate, a seconda del fan club divino di appartenenza, l’idea che siamo stati scelti da un essere/entità superiore. Posso capire che nell’ignoranza dei tempi che furono si potesse anche credere ad una cosa del genere, ma ora…
Provate ad osservare la luna di stasera. E’ distante poco più dei cento metri di Bolt alla velocità della luce. Il disco arancio che colora la sera? Una canzone medio lunga dei Pink Floyd. Dati questi banalissimi paletti la mia mente, non so la vostra, non riesce a materializzare i confini di una distanza assolutamente risibile come quella di un pidocchioso anno alla velocità della luce. Ma il culo dell’universo è molto più grosso: una manciata di miliardi di anni più grosso e credere che quel granello di sabbia, quello blue e carino, sia stato unicamente scelto con cognizione di causa da un posto grande come qualche milione di miliardi di deserti del Sahara è follia. Da un punto di vista probabilistico, e con le giuste proporzioni, capisco perché tanta gente sputtani il proprio stipendio nei videopoker et similia.

Sarebbe interessante se la gente imparasse ad ammettere che siamo semplicemente frutto del caso. Passando dal macro al micro, e qui concludo, mi viene da pensare a quanti miliardi di “girini”, che abitavano nei testicoli di mio padre, sono morti su di una maglietta/fazzoletto oppure spiaccicati contro un muro di lattice. Non sono venuto al mondo perché più resistente, forte e furbo degli altri. A seconda della prospettiva ho avuto culo/sfiga.
Non siamo esseri speciali, ma animali pieni di tutti quei difetti che si palesano quotidianamente sotto i nostri occhi e che alimentiamo in prima persona, in primissima fila. Forse con questa prospettiva diminuirebbero un po' le occhiate snob, e da lontano, che siamo soliti rifilare, scuotendo la testa, con cadenza giornaliera. La consapevolezza di essere figli del caso ci potrebbe rendere meno altezzosi e giudici nei confronti altrui in una costante gara di comparazione al ribasso per rendere più accettabili le nostre mancanze. Ecco il mio proposito del 2013: essere meno snob, cagazzi e giustificazionista per i miei, di errori.
Il fatto che queste due righe finiranno ammucchiate sotto la polvere in buona compagnia è ovviamente secondario.

Ma questo editoriale, a rileggerlo, pare proprio dimostrare che sia difficile, oserei dire impossibile, uscire da quel cerchio nel quale siamo condannati a girare come dei criceti del cazzo. Sempre convinti di avere ragione… siamo solo patetici.


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