
Bang Bang (My baby shot me down)
A pensarci bene le pistole non mi sono mai piaciute.
Per chi, come me, è nato a fine anni ’70 ed è cresciuto succhiando raggi gamma direttamente dalle poppe esplosive di Venus Alfa (la moglie di Mazinga, per i profani), durante gli anni dell’infanzia la polvere da sparo rappresentava un’invenzione tutto sommato priva di vero fascino. Insomma: se proprio “arma” deve essere, che sia perlomeno un robot trasformabile che posso guidare muovendo due leve del cacchio mentre una tipa superpopputa dal nome gonfia-mutanda tipo “Sashiko Ayakawa” osserva le mie gesta con un misto di apprensione ed eccitazione al sicuro dall’interno della base ultimo baluardo dell’umanità minacciata dagli alieni provenienti dal pianeta Gasparrix III.
Nel mio caso, poi, uno dei più brutti ricordi della mia fanciullezza è legato ad una scena di un film dal titolo sconosciuto, in cui un povero soldato (sicuramente americano e sicuramente impegnato nella lotta contro i nazisti e/o i comunisti) rimaneva orrendamente sfigurato a causa dell’inopinabile esplosione del suo fucile.
Se poi ci aggiungiamo il fatto che mia madre mi ha imbottito di morale evangelico-animista sin dalla fase anale (quella infantile, s’intende. Non quella che ci si scopre a vivere più o meno intorno ai 34 anni, quando ti ritrovi annoiato a morte in casa da solo e tua moglie è al supermercato e non tornerà prima di un paio d’ore, poi, però, rientra in anticipo perché ha lasciato a casa il cellulare e ti trova a gambe all’aria sul divano buono del salotto con la sua spazzola preferita infilata nel culo…), dicevo, se poi aggiungiamo il fatto che mia madre mi ha cresciuto con la filosofia del “piuttosto che fare del male agli altri, fallo a te stesso” (giuro), ecco che si capisce perché da piccolo non mi piacevano le pistole.
Inutile stare tanto a disquisire se mi piacessero le armi durante la pubertà o l’adolescenza. Essenzialmente perché ogni ricordo che ho del periodo tra gli 11 e i 17 anni mi trova seduto da qualche parte a controllare se è proprio vero che non ci si può staccare da soli il birillo e furia di pugnette.
Meglio, quindi, passare direttamente all’età della ragione: età di grandi riflessioni, grandi decisioni e, conseguentemente, grandi delusioni.
Mi è capitato di sparare, qualche volta, pur non avendo fatto il militare.
E non mi è piaciuto.
La pistola ha un peso strano, che nessuna bilancia riesce del tutto a misurare. Un peso compensato solo in parte dalla fregola che ti viene al pensiero di quanto potere ti può dare quel pezzo di ferro. A me quel peso ha sempre fatto cagare e, dopo le prime volte in cui ho accettato - essenzialmente per spirito di emulazione – di andare ad un poligono, ho preferito declinare educatamente l’invito e starmene a casina bella ad aspettare che la mia fidanzata andasse al supermercato per annoiarmi un po’ sul divano del salotto che tanto lo abbiamo preso all’IKEA per pochi euri.
Tutto sto pippone per dire cosa?
Più o meno questo:
… Non credo sia concepibile una civiltà umana senza armi.
… Tutto sommato penso che, in un contesto politico-istituzionale internazionale come quello in cui viviamo, gli Stati debbano avere un proprio esercito.
… Se fino a qualche anno fa l’idea che un privato cittadino potesse detenere legittimamente un’arma in casa non mi non dava grande fastidio, negli ultimi tempi sto maturando l’opinione contraria.
E’ che mi sono veramente rotto le palle di tutte 'set storie di bambini di cinque anni che “approfittando di un momento di distrazione del padre che stava pulendo in cucina un M-16 da assalto modificato con l’aggiunta di mirino telescopico e lanciagranate, ha impugnato l’arma e ha fatto fuoco uccidendo l’intera famiglia di sedici persone. Il piccolo si è quindi barricato nel recinto della sabbia ed è stato arrestato solo dopo l’intervento dei berretti verdi. ”.
Che poi lo so che c’è tutto dietro un mega-lavaggio del cervello di quello sbiancato di Obama che la vuole mettere nel popò alle lobby delle armi repubblicane e quindi stanno facendo una compagna di demonizzazione pazzesca delle armi e adesso tutti i giorni c’è qualche bambino che spara alla mamma, alla sorella, al cane, a se stesso, eccetera eccetera eccetera.
Però penso anche che alla base del principio – peraltro decisamente strumentalizzato - per cui “Ogni cittadino deve potersi difendere” c’è soprattutto una sconfitta. La sconfitta di uno Stato che, molto semplicemente, non è in grado di difendere i propri cittadini.
Vi lascio con una citazione. Semplice, tutto sommato banale. Ma che – forse – un fondo di verità ce l’ha:
"“Nell’ultima riunione del comitato della Zona Libera, Hugh Petrella aveva chiesto e ottenuto di poter armare i suoi aiutanti. All’inizio di giugno un ubriaco aveva malmenato uno dei poliziotti e l’aveva scaraventato dentro una vetrina del Broken Drum, un bar di Pearl Street. Il poliziotto aveva avuto bisogno di più di trenta punti e di una trasfusione. Petrella aveva sostenuto che questo non sarebbe mai successo se il suo uomo avesse avuto una Police Special da puntare contro l’ubriaco. C’era molta gente convinta che se il poliziotto avesse avuto un’arma, l’incidente si sarebbe concluso con un ubriaco morto anziché con un poliziotto ferito.”"