Damp hand

Questo è un cazzo di sfogo, una cazzo di confessione di un cazzo di problema: soffro di iperidrosi palmare.
Che cacchio è? Presto detto, mi sudano le mani. Quasi sempre, forse tranne mentre dormo.

È dall’adolescenza che sono attanagliato da questo problema che, pare, colpisca l’1% della popolazione mondiale. Perché cazzo proprio io dovevo cadere in quella sfigatissima percentuale? L’iperidrosi è un problema inverso, nel senso che tutti quelli che si imbattono in una “sudaticcia” stretta di mano pensano ad una cosa corretta in senso assoluto, ma errata nel suo verso.
Il pensiero comune, grossomodo, è questo: “Minchia, che è ‘n’anguilla? Questo è un timido, insicuro, psicolabile e sfigato.
Esatto, ma sbagliato! Cioè, l’iperidrosi deriva da un problema fisico di trasmissione di impulsi sbagliati del sistema nervoso simpatico. Ovviamente, in questo caso, di simpatico non ha nulla, anzi dice delle gran cazzate ai neurotrasmettitori che pompano aceticolina alle ghiandole sudoripare e queste, anche se non è il caso, iniziano ad espellere sudore e anche in maniera inconsulta da pori collocati anche in posti come le mani e i piedi.

Quindi nasce come problema fisico e diventa dramma psicologico successivamente e non il contrario. Così l’iperidrotico è sì sfigato fin dall’inizio, ma diviene timido e insicuro a causa dell’errato funzionamento sistemico. Il massimo della sfiga è, poi, trovare lavoro in un ufficio a contatto con il pubblico e vedere tutte quelle belle facce sorridenti di persone che arrivano con la mano tesa, pronta per essere stretta nella morsa appiccicosa. La tecnica è quella di stringerla forte, in maniera rapida ed energica; per esperienza so che dà meno fastidio, visto che la situazione peggiore, narrata dai più, è quella della mano molle, sudaticcia e trattenuta.
È così, cazzo, non ci posso fare niente e poi la mano me l’hai data tu, chi minchia t’ha detto di darmela! La prossima volta mi saluti a voce e basta. E infatti è così, e, mano a mano chi torna nel mio ufficio, bruciato dall’esperienza, tiene le mani ben distanti dalle mie.

Nell’iperidrotico palmare di grande esperienza, come sono io, scatta un sesto senso. Osserva e memorizza i gesti, le peculiarità delle persone che incontra, cerca altri “simili” e li individua con estrema facilità, perché la gestualità è la sua stessa e opera a difesa creando una sorta di barriera immaginaria, a protezione del suo orribile stato. Questo atto, quasi inconsapevole, è l’avvio della timidezza e dell’insicurezza, derivate soprattutto dal blocco a relazionarsi fisicamente con il resto del mondo.
Soffre, il sudato, soffre dentro e soffre per tempi lunghissimi, tramutando il problema in ossessione, spesso in un vero e proprio complesso di inferiorità o, quanto meno, di diversità.
Soffre e gli brucia l’anima, rendendolo ora cinico e misantropo, ora amorevole e sensibile, ma sempre scosso in un crogiuolo di sentimenti che richiamano Eros e Thanatos, amore e morte.

Così ti isoli e ascolti il tuo cazzo di progressive, ma questo è un altro problema. Lo so, ci sono le soluzioni. Esiste un’operazione, anche se molto complessa e delicatissima, esiste il botulino, esiste un lungo ciclo terapico di elettroforesi.
Poi pensi che fino qui ci sei arrivato così, che una famiglia e degli amici te li sei fatti a prescindere e dici: “Vaffanculo mondo, io ci sono lo stesso e dopo ho confessato, qualcuno in più mi capirà.


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