Row Row Row Your Boat

Enrico Letta, 17 settembre 2013:

“Con il recupero della Costa Concordia abbiamo dimostrato a tutto il mondo che cosa è in grado di fare la tecnologia, la volontà e l’efficienza italiana.”

Una volta, da bambino, ho combinato un casino.

Mia madre aveva messo a bollire il minestrone. Poi, non mi ricordo più per quale ragione, si era dovuta allontanare da casa: sarebbe tornata il prima possibile, ma proprio non poteva fare a meno di lasciarmi da solo per qualche tempo.
Al momento non ci ho nemmeno pensato, ma è stato un bell’atto di fiducia da parte sua. Non fosse altro perché alla pagina 1, riga prima, del Manuale delle Giovani Mamme Marmotte si trova scritto: “Non lasciare mai tuo figlio in età scolare a casa da solo con il fornello acceso. Soprattutto se è destinato ad ascoltare heavy medal fino a trent’anni suonati e ad avere un collezione di porno che manco l’autobiografia di Riccardo Schicchi.”

Vabbeh, è inutile tirarla troppo per le lunghe, tanto sapete già come è andata a finire.
In pratica, appena mia madre si chiude la porta di casa alle spalle, io mi fiondo a fare le mille e una cose divertentissime che si fanno da piccoli (ehm…) quando si è a casa da soli: vedere quanta carta igienica si riesce a fare andare giù prima di otturare il cesso, puciare le macchinine nell’alcool e darci fuoco, fare la pìpì dal balcone, eccetera.
Dopo circa mezz’ora che mi diletto della grossa, ecco che un forte odore di bruciato proveniente dalla cucina attira la mia attenzione. Incuriosito, vado a controllare e…

Disastro!

L’acqua nel pentolone si è completamente prosciugata! Le verzure della valle degli orti sono carbonizzate! Tutta la microcucina della BartleMagione è piena di fumo che la puoi usare come set per la pubblicità della Philip Morris.

Immediatamente un pensiero (peraltro piuttosto precoce per un bambino della mia età), trova albergo nella mia mente: “La mamma mi incula”. Subito seguito da: “Ma no! Io sono il frutto dell’amore carnale tra Ella e mio padre! Lei mi ha generato! Lei mi ama!” Tosto sostituito da: “No, no. Mi incula”.

Occorre agire!

Tempo pochi secondi e mi metto all’opera.
Spengo il fornello. Prendo la pentola e la metto sotto l’acqua fredda.
Spalanco tutte le finestre di casa. Gratto via le verzure carbonizzate dal fondo della pentola e le butto nella pattumiera coprendole con altra monnezza in modo da passare inosservate ad un controllo superficiale. Lavo a fondo la pentola e la riempio di acqua calda del rubinetto. Prendo un’altra busta di minestrone dal freezer e la metto a bollire.
Infine, spruzzo deodorante per tutta la casa come se non ci fosse un domani o come se il buco nell’ozono fosse una diceria messa in giro dalla multinazionali farmaceutiche e da Roberto Giacobbo.

Tempo dieci minuti e già me la sbulleggio di brutto: “Non se ne accorgerà mai…”.
Altri dieci minuti e torna mia madre.

Non fa in tempo a mettere tutti e due i piedi in casa che mi arriva uno schiaffo a mano aperta che probabilmente se oggi sono così scemo tutto è partito da lì. E il motivo è presto detto: la puzza di bruciato si sentiva a qualche isolato di distanza e mia madre aveva già capito tutto dall’androne del palazzo.

Disfatta. Scorno. Delusione. Dolore. Lacrime grosse come cedri mi solcano le guance. Il mio piano crollato come il più fragile dei castelli di carta… Ma, quando tutto pareva perduto, quando ormai la mia autostima stava per raggiungere il primo dei suoi minimi storici, ecco che mi vengono rivolte parole di conforto: “Beh, però sei stato bravo a mettere su dell’altro minestrone…”.

Io non so se sia stata colpa di Schettino, della moldava che glielo succhiava quando è successo il casino, della Guardia Costiera che non ha vigilato, di tutti quelli che sapevano di ‘sta puttanata dell’inchino, e si sono limitati a pensare che era una roba figa.
Però sulla Costa Concordia sono morte delle persone. Alcuni corpi non sono ancora stati ritrovati. E io non ci vedo davvero nulla per cui essere orgogliosi.

La frase di Letta che ho citato mi ha procurato un fastidio quasi fisico.
Perché è come se ci si fosse pavoneggiati per avere messo un bel cerottone su una gamba amputata per sbaglio col tosaerba.
Che poi, no. Non è nemmeno quello che mi fa così incazzare. Il motivo per cui non guarirò mai del tutto dal mio reflusso gastrico è l’ostinazione con cui cerchiamo attenuanti alla nostra incapacità. È il “volemose bene", che, sì, magari facciamo schiantare le navi per fare i guitti, ma siamo dei geni a disincagliarle.

Quello che davvero mi urta è l’autoindulgenza.
L’autoindulgenza di un popolo e di un paese sempre più inetti, sempre più ingiustificabili.
Un popolo e un paese che non hanno ancora capito (o fanno finta di non avere capito) che i bravi bambini non sono quelli che prendono un’altra busta dal freezer, ma quelli che il minestrone non lo fanno bruciare.


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