Bigmouth Strikes Again

Il reato di diffamazione è previsto dall'art. 595 del Codice Penale, che punisce chiunque, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione.
In pratica, se io dico pubblicamente che Tizio è, chessò, un "citrone" (da intendersi come qualsiasi offesa pesantissima che vi viene in mente) commetto un reato.
Tanto per chiarire: per "pubblicamente" si intende che la mia affermazione è idonea a raggiungere almeno 2 persone oltre l'offeso.

Bene.
Fino a qualche anno fa, se un qualsiasi utente vi avesse dato del citrone su Deb, non avreste potuto fare nulla.
Meglio: lo avreste anche potuto denunciare e/o citarlo in giudizio per chiedergli i danni, ma molto probabilmente non se ne sarebbe fatto nulla: il PM avrebbe chiesto l'archiviazione e l'Avvocato della difesa avrebbe avuto gioco facile nel sostenere che, in realtà, non c'era alcun danno concretamente risarcibile.
Perché internet era roba per reghezzini, una giungla dove più o meno tutto era concesso, che tanto lì mica ci sono le cose serie.

Ultimamente, però, le cose stanno un po' cambiando.
Nel senso che sempre maggiore attenzione viene riconosciuta anche a ciò che succede sull'internet.
In pratica, è ormai ritenuto pacifico che ciascuno di noi viva un'esistenza "virtuale", fatta, alla pari di quella "reale", di relazioni, legami, dinamiche e, perché no, reputazione.
E visto che, da un lato, rappresenta una fetta sempre maggiore della nostra quotidianità e, dall'altro, spesso finisce per avere ripercussioni sull'esistenza reale, questa "esistenza virtuale" deve ritenersi meritevole tutela.
E il motivo di questo cambiamento è tra i più banali: una bella fetta di giudici, sia civili che penali, è gente di 35-40 anni. Gente, cioè, che ha dimestichezza con lo strumento informatico, è iscritta ai social network, partecipa a forum, segue o addirittura scrive su blog. Gente, quindi, che SA perfettamente cosa vuol dire trovare sul proprio diario FB un commento diffamatorio o avere a che fare con un troll o un molestatore che fa girare mail del cazzo sul tuo conto.

Nei primi anni di frequentazione di debaser (si parla del 2004-2005), mi è capitato spesso di leggere commenti di questo tipo:
Utente A: "Io su questo sito c'ho una certa reputazione!"
Utente B:" Ma quale reputazione, citrone! Che reputazione vuoi avere su un sito internet!?!"
Al tempo, ero solito dare ragione all'utente B.
Oggi come oggi, però, non ne sarei poi tanto sicuro…

Facciamo un esempio.
Io, sig. Bartolomeo Boom, sono su questo sito da circa 9 anni.
Ho scritto recensioni che sono state bene o male apprezzate, sono stato parte attiva dello staff editante, diversi utenti sono miei amici nella vita reale, molti hanno il mio numero di cellulare, alcuni hanno dormito a casa mia.
Insomma: io qui ci sto bene, mi diverto, voglio bene a molta gente e molta gente (penso) mi vuole bene.
Debaser, così come i forum, i siti in cui ci si registra e si lasciano commenti, sono a tutti gli effetti delle micro comunità: se le si frequenta per un periodo sufficiente di tempo, si imparano a riconoscere le personalità e i gusti degli altri utenti, le dinamiche relazionali, gli equilibri.
Questa cosa ha degli effetti senz'altro positivi, perché, ad esempio, ormai so che se un disco o un film piace a Caz o a Nes, quasi sicuramente piacerà a anche a me.
Ma questa cosa ha anche degli effetti "negativi", perché ormai se vedo in HP una recensione di Minogue33, o come cacchio si chiamava quello là che non si fa vedere da un po', già so che ci troverò delle puttanate da togliere il fiato.
E questa, secondo me, non può che definirsi "reputazione".
Magari una forma più blanda di quella che ognuno di noi ha nel mondo reale, ma comunque "reputazione".

Facebook, poi, ha contribuito a rompere quella sorta di "quarta parete" o come cavolo si chiama quella roba lì, che separa(va) Bartleboom e "Mario Rossi", tant'è che credo che la stragrande maggioranza degli utenti ormai sappiano quali siano i miei veri nome e cognome, che lavoro faccio, dove abito, la mia situazione sentimentale e robe del genere.
In pratica, si può legittimamente sostenere che Debaser sia parte integrante non solo della mia esistenza virtuale, ma anche della mia vita reale.

Diciamo che domani arriva un qualsiasi utente e si mette a scrivere falsità su di me, inteso come utente Bartleboom. Mi offende, mi denigra, mi accusa ingiustamente di non so immaginare quale porcheria (tengo a precisare sin d'ora: non sapevo che quell'iguana fosse maschio e, in ogni caso, mi aveva detto di essere maggiorenne…).
Beh, per come stanno le cose, secondo me il reato di diffamazione è configurato di brutto.
E, sempre secondo me, avrei pure diritto ad un risarcimento.

Sono stato offeso pubblicamente in un contesto, una comunità (Deb) in cui, che piaccia o no, ho finito per crearmi una "reputazione".
Magari il fatto mi porterà a non volere più frequentare un sito che mi ha sollazzato per anni. In pratica, sarò costretto a rinunciare - contro la mia volontà - ad un'attività che mi dava piacere.

Che magari può sembrare comunque una cazzata, ma se davvero, per colpa di qualche cretino, non potessi più mettere piede qui dentro, le balle mi girerebbero non poco.
Poi magari non farei mai causa o non presenterei mai una denuncia. Ma questo non significa che non ci sarebbero i presupposti per farlo.

Ho fatto l'esempio della diffamazione perché è quello più tipico e frequente, ma lo stesso discorso potrebbe essere fatto anche per altre ipotesi di reato, tipo l'ingiuria, le minacce, lo stalking etc.

Tutto questo per dire cosa?
Mah, tutto e niente.
Lo spunto per scrivere mi è venuto da un commento letto da queste parti qualche giorno fa, in cui un utente un po' citrone, millantante il titolo di avvocato, sosteneva di vare fatto "partire" (?!?) una denuncia per "diffamazione pubblica" (?!?) e tutti lo avevano sfottuto di brutto.

Ebbene, io dico: non succede perché non succede.

Ma se succede…


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