L'altra faccia della critica

Recensire, giudicare, analizzare, sezionare, in una parola "criticare" puo' apparire a molti come un mero esercizio di confutazione, affossamento o elogio iper realista. All'università, gli insegnamenti in tal senso affondano radici in quel sociologismo positivista di stampo marxista che separa e incanala i temi a seconda della loro derivazione anche (ideo)logica. A tutto questo bisognerebbe dire stop.

Leggendo molti commenti, e non solo su questo divertente sito, salta al nasocchio che il "gusto" spesso si confonde con la capacità "tecnica" dell'autore-regista.
Un film puo' essere contemporaneamente eccellente (ovvero mi è piaciuto tanto) e orripilante ( dialoghi piatti, montaggio farraginoso, interpretazione latente). Mi si chiederà allora: "cos'è che ha reso quella pellicola così attraente? E si torna al vecchio caro positivismo marxista. Al sapore sciapo e a un uso approssimativo della cinepresa, si contrappone un forte messaggio ( o contenuto) atto a ribaltare l'esito della "critica" facendo sì che alla fatidica monosteletta (i parametri sono solitamente da una a quattro o cinque) si giunga addirittura ad elargirne quattro.

Rifiutandomi di annoiarvi con dieci cartelle, concluderò con questa dichiarazione d'intenti che da ormai 30 anni mi segue.

Si rifugga il compiacimento politico, si eviti di affidare al contenuto la corona del giudizio, si tenga conto della capacità attoriale e tecnica dell'intero cast, si valuti l'opera da almeno due punti di vista (tecnico-emotivo), infine al minestrone potremo aggiungere quel pizzico di sale che corrisponde al nostro specifico gusto personale.
Servita in tavola la pietanza troverà ugualmente detrattori e folle acclamanti evitando però quei paradossi che almeno alla mia persona infastidiscono.

Puo' un film essere considerato da un recensore CAPOLAVORO e da un altro "ignobile PASTICCIO?"

No, non dal punto di vista critico.
Una forbice tanto ampia è comprensibile solo nel parametro gusto e non rientra nel compito di un'analista, foss'anche egli un neofita o un appassionato privo di attestati universitari.

Ognuno di voi, indossati i panni del giornalista cinematografico, dello storico, si ricordi che dietro a una produzione c'è sempre un lavoro complesso, nella maggior parte dei casi, difficile e faticoso che merita se non altro un briciolo di rispetto.

Se vi sarà una prossima volta potremo così affrontare la parabola del "commerciale"......ma questa è un'altra faccenda. Buone letture e buone visioni.

P.C.



Carico i commenti... con calma