Ognuno, quando fa del bene a un altro, lo fa a se stesso.

E non lo dico perché chi è stato aiutato vuole aiutare, chi è stato difeso vuole proteggere e perché il buon esempio ritorna sulla persona che lo ha dato; ma lo dico perché ogni virtù trova in se stessa la sua ricompensa.

Non la si esercita in vista di un premio: il guadagno di un'azione virtuosa consiste nell'averla compiuta.

Dimostro gratitudine non perché un altro spronato dal mio esempio mi aiuti più volentieri, ma per compiere un'azione dolcissima e bellissima; sono grato non perché mi conviene, ma perché mi piace.

Perciò come ho già detto, il dimostrare gratitudine è un bene maggiore per te che per il tuo prossimo; a lui càpita un fatto comune, riavere quello che ha dato, a te un fatto importante, generato da uno stato d'animo di intensa felicità, aver dimostrato gratitudine.

Se la malvagità rende infelici e la virtù felici, e l'essere riconoscenti è una virtù, hai dato una cosa comune e ne hai ottenuta una di valore inestimabile, la coscienza della gratitudine, che nasce solo in un animo straordinario e fortunato.

~ Lucio Anneo Seneca, "Lettere a Lucilio" ~

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Non conoscevo quest'opera (attualmente in mostra a Firenze nel Palazzo Pitti), ne trascrivo la breve presentazione:
Tra il 1860 e il 1870, Salvatore Grita (uno scultore siciliano nato nel 1828) creò un vero capolavoro con la sua arte, volle scolpire nel marmo il suo dolore ed il suo disprezzo, contro la sconvolgente usanza dell'epoca di internare in convento le ragazze madri.
Lui stesso figlio di giovanissima madre, da bambino crebbe in un orfanotrofio affidato alle suore di clausura e fu riconosciuto da suo padre Giovanni (falegname) solo nel 1854.
Questo terribile e significativo capolavoro in marmo lo intitolò "Voto contro natura" e niente.
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