Beh, ora che ho incontrato il mio animale guida, posso andare a casa...”

… così dichiarò alla fine del concerto di Man Forever il mio amico Andrea. E non poteva esserci constatazione migliore per racchiudere l'essenza di questo disco.

Ma partiamo con ordine: chi minchia è Man Forever? Trattasi di Kid Millions, batterista tentacolare degli Oneida, nel suo primo progetto solista, da lui stesso definito “Il Metal Machine Music per sola batteria”. Per chi non si fosse mai imbattutto nel suddetto disco, pubblicato a metà dei 70 da un Lou Reed in completo disfacimento fisico e psichico, si perde il primo disco di (quasi) solo feedback chitarristico della storia rock..

Disco ovviamente semi inascoltabile (no, non riesco a far finta che mi piaccia, sorry Lou), e potrebbe tranquillamente esserlo anche questo Pansophical Cataract, dipende molto dal contesto di ascolto. Due brani per meno di 40 minuti, due brani speculari, di difficile descrizione, entrambi costruiti su pattern ritmici reiterati e condotti alle estreme conseguenze da un crescendo parossistico fatto di microvariazioni timbriche e ritmiche.

Sarebbe facile a questo punto liquidare la faccenda come masturbazione artistoide, ma c'è qualcosa nel fondo melmoso, tribale e solipsistico del disco che attira verso il tasto play ogni volta che finisce. Quel qualcosa è il concetto alla base delle prime musiche prodotte dall'uomo: il loop, la ripetizione, l'interruttore per entrare in uno stato di coscienza “altro”. Tutto ciò è alla base di ogni rito sciamanico conosciuto, dalla Siberia, alla Terra del Fuoco, e "Pansophical Caratact" ne è pregno.

Un ascolto quindi catartico, che va coordinato al contesto di ascolto (non provatelo in macchina, l'incidente è assicurato) e che potrebbe assicurarvi una bella visitina anche da parte del vostro animale guida. Andrea, intanto, il suo l'aveva trovato, il cavalluccio marino. E il vostro?

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