Primavera del 1996 - Un cartello annuncia : "MANIC STREET PREACHERS - EVERYTHING MUST GO" ("tutto deve andare" ndr).

Sotto tre foto appoggiate su una mensola, nelle foto il mezzo busto di: Sean Moore, James Dean Bradfield e Nicky Wire. Come sfondo un viola sbiadito, spento . 1° Febbraio 1995 - Richey James esce dall'hotel londinese dove alloggiava e scompare. Il suo corpo non è mai stato trovato ma la sua auto sì in un certo posto famoso per i suicidi, su un ponte altissimo per intenderci.

Richey era il chitarrista dei MSP e probabilmente su quella mensola avrebbe dovuto esserci anche la sua foto, ma probabilmente senza la scomparsa di questo "Everything must go", non sarebbe mai nato. Ma comunque tutto deve andare, con Richey o senza. I Manics hanno raccolto gli ultimi testi del chitarrista scomparso ci hanno messo roba loro poi hanno dato alle canzoni quella "loro" solita impronta aggiungendo però violini, arpe, viole e archi vari, avvicinandosì così leggermente alla matrice brit e allontanandosì dall'hard rock degli inizi. L'album fa storcere comunque il naso ai fan ma rappresenta secondo me l'inizio della maturità della band.

Non ne esce un capolavoro ma un ottimo album accettabile per com'è anche se contiene canzoni che potevano essere evitate. "Elvis impersonator: Blackpool pier" inizia acustica per poi darti un pugno nello stomaco anche se alleggerito dall'uso dell'arpa. "A design for life" è un esempio di come i manics abbiano virato verso un britrock più ascoltabile è limpido. Con "Small black flowers that grow in the sky" si evidenzia l'ottimo testo di James e l'ottima musica scritta dai rimanenti Manics , una musica acustica con la sola chitarra accompagnata da un arpa suonata divinamente. "Removables" ha un ottimo riff di chitarra classica all'inizio ma la canzone in se si perde poi dopo pochi secondi. Il ritornello di "Further Away" vi rimane parecchio in testa e dobbiamo aspettare solo la fine per avere la conferma del capolavoro dell'album "No surface all feeling". Decretata a mio parere la più bella dell'album. La chitarra distorta del ritornello diventa dolce quando Bradfield inizia a cantare le strofe. Bellissime strofe, bellissime parole (stavolta scritte da Nicky Wire) e nel ritornello ti perdi in una miscela di note che la chitarra emana. Ci sono poi altre due canzoni degne di nota come "Kevin Carter" e "Enola/Alone" e tra quelle che potevano essere evitate ci sono "Interiors" e la "title track" probabilmente .

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