Les Enfants du paradis, Francia, 1945, 190’
di Marcel Carné, con Arletty, Jean-Louis Barrault, Pierre Brasseur
In una compagnia teatrale della Parigi dell’800, la bella Garance è contesa da quattro ammiratori, compreso un dolce e timido mimo. Vertice della collaborazione tra Carné e Prevert e di tutto il realismo poetico, questo affresco struggente resta un punto di riferimento per generazioni di cinefili.
E basterebbe questo, ché a recensire questo film non trovo le parole ma bisogna che mi ci adoperi.
I ragazzi del paradiso al teatro pagano 30 centesimi mica 1 franco e mezzo, del resto sono in piccionaia, accalcati, ammassati e urlano e strepitano, ridono, partecipano.
Siamo a Parigi, intorno al 1830. Nasce la pantomina. Baptiste è un giovane mimo di una compagnia teatrale di funamboli.
Un giorno è in piazza col padre a fare il suo spettacolo. Scorge tra la folla Garance. Accanto a lei un riccastro grassone. Passa le voleur (un ladro) e sottrae l’orologio da taschino al ciccione. Il ciccione accusa Garance, arriva la polizia scoppia un parapiglia ma il mimo ha visto tutto e ricostruirà l’accaduto mimando il fattaccio nei minimi dettagli.
Ecco.
Questa scena… basta questa scena. @Luludia dove sei? Vuoi impazzire di magia? Prego accomodati.
Ecco io vorrei parlare solo di questa scena che è pure abbastanza lunga. Ma, davvero, non si può recensire un mimo. Sappiate solo che i peli delle braccia si sono drizzati così tanto da aver provato a sollevare il mio corpo, volevano volare con me ma la forza di gravità, ancora una volta si è rivelata più forte…
Quintali di poesia, tonnellate di magia, l’amazon della felicità. Questo ho provato durante questa scena, ero come stordito, estasiato, sbalordito.
Alla fine Garance lancia un fiore a Baptiste e gli tira un bacio. Baptiste si innamora perdutamente, e per sempre, di Garance.
Il mimo è Jean-Louis Barrault. Il regista è Marcel Carné. Lo sceneggiatore è Jacques Prévert.
La genesi di un capolavoro. (***)
La storia di “Les enfants du paradis” è una storia complicata, travagliata se mai ce ne fu una. Un giorno, nel 1943, durante l’occupazione nazista in Francia, tre dei più grandi artisti francesi dell’epoca, il regista Carné, il poeta Prévert e l’attore Barrault, si incontrarono a Nizza, sulla Promenade des Anglais. Non discussero della guerra, né della situazione disastrosa che il loro Paese si trovava a vivere proprio in quel momento, ma parlarono di teatro, d’arte, d’attori e di mimi. Racconta Carné che Jean-Louis Barrault era una vera e propria fucina di aneddoti, quando si parlava di teatro. Una storia, in particolar modo, stuzzicò l’attenzione di Carné e Prévert, in quel periodo alla spasmodica ricerca di un soggetto per il loro prossimo film, soggetto che sembrava non riuscissero in alcun modo a trovare.
Barrault raccontò loro una storia curiosa. Si trattava di un aneddoto riguardante il mimo Debureau, che raggiunse l’apice della notorietà nella Parigi degli anni ’30 dell’Ottocento. Ebbene, un giorno Debureau passeggiava con una bella ragazza lungo il “Boulevard du Crime”, finché i due innamorati non vennero disturbati da un ubriaco che si mise pesantemente ad insultare la ragazza. Debureau cercò dapprima di allontanarlo, ma poi, di fronte alle molestie dell’ubriaco, finì per colpirlo in testa. Lo fece talmente forte che l’uomo morì sul colpo. La parte originale della storiella sta nel fatto che tutta Parigi accorse al processo, per sentir finalmente parlare il mimo.
Così nasce un capolavoro. Un incontro fortuito, una chiacchierata tra artisti, una storia bizzarra risalente a cent’anni prima, raccontata per non pensare al disastro del presente.
Che altro dire. Si tratta di un vero e proprio kolossal. 190 minuti. Migliaia di comparse, al teatro e per strada durante la scena del carnevale. All’epoca venne definito il più grande film “sonoro” francese ma se è per questo potrebbe essere anche il più grande film “muto” dato che le sequenze del mimo sono a pieno titolo tra le più belle della cinematografia di tutti i tempi, credetemi.
E gli attori? Da dove comincio? Dal mimo? Il mimo è un grande artista, un genio. Vogliamo conoscere gli altri 3 corteggiatori di Garance? Chi è Garance?
Garance è una donna del mistero o forse no. È sicuramente una donna emancipata. Vive alla giornata, ama la vita, ama l’amore, si innamora ogni giorno è serena eppure non è felice.
Si accompagna con Pierre Francois Lacenaire, un formidabile gaglioffo di nero vestito. Neri i suoi capelli riccioluti, nero è il suo baffo, nera è la sua anima sempre che ne abbia una. Così sembra che sia. Così non sarà.
Abbiamo poi lo strepitoso Frédérick Lemaitre. Vuol fare l’attore ad ogni costo, non solo, vuole che il suo nome troneggi a caratteri cubitali sulla locandina del teatro, ci riuscirà. Frédérick è un dongiovanni, un casanova, leggero come una piuma, sempre allegro, disincantato, emancipato, moderno, fin troppo per i tempi, ma anche lui verrà roso dal tarlo della gelosia.
Abbiamo infine il borioso Conte di Montray che col suo potere ed il suo danaro porterà via con sé Garance, senza averla mai veramente, collocandola nella classica gabbia dorata.
E poi c’è la giovane attrice Nathalie da sempre innamorata di Baptiste…
di Baptiste non parlo, lui non vuole, non ama la parola: parla con le gambe, risponde con le mani, uno sguardo, un’alzata di spalle, due passi avanti, uno indietro e hop, nel paradiso hanno già capito...
E poi? Poi c’è Jacques Prévert. I suoi dialoghi, i suoi aforismi, la sua poesia. Potrei riportare qualcosa per rendere l’idea ma io non devo rendere nulla, io ho preso. Prendete anche voi, prendete e mangiatene tutti, questa è la sua arte…
Davvero, uno dei più grandi film di tutti i tempi. Un’opera d’arte clamorosa. è durato più di 3 ore. Sarebbe potuto durare più di 3 giorni, non mi sarei alzato neanche per andare al bagno.
I francesi hanno la puzza sotto il naso? Adesso ho capito perché.
W LA FRANCE!
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