Ignazio La Russa dal palco in un comizio a Milano di "Maggioranza Silenziosa", un comitato anticomunista al quale aderivano un'accozzaglia di genti: democristiani, liberali, addirittura monarchici; così, con riprese di un comizio dal vero, inizia il film di Marco Bellocchio che poi prosegue con immagini di guerriglia urbana mentre scorrono i titoli di testa, ed ancora si sofferma sul funerale di Feltrinelli...

Bizanti (Volontè) è il direttore de "Il Giornale", testata giornalistica padronale che utilizza le notizie a fini politici in un contesto socio-economico come quello di quell'Italia (siamo nel 1972, il vero quotidiano "Il Giornale" sarà fondato da Indro Montanelli nel 1974) dove anche i vari opposti estremismi di matrice politica avevano un peso fondamentale nelle scelte della politica parlamentare e costuituivano ambigui "aghi della bilancia" per il potere economico-borghese.

Il soggetto del film è di Sergio Donati che doveva anche dirigerlo, in secondo luogo subentrò Bellocchio che si fece aiutare nella sceneggiatura da Goffredo Fofi; in linea di massima il film forse soffre il fatto di non essere un soggetto originale di Bellocchio come invece era stato per i suoi primi film: "I pugni in tasca" e "La Cina è vicina", sicuramente più brillanti ed originali dal punto di vista estetico e autoriale.

A spostare tutto su un piano diverso è l'interpretazione di Volontè, che riesce a dare un tono al film, è il collante che tiene uniti i diversi livelli: il giornalismo di parte e politico, la politica in genere, il sociale etc. in un contesto ben definito.

Distanziandomi dalle riflessioni più comuni e comunque valide e corrette fatte da altri sul film in questione, vorrei soffermarmi su un particolare secondario, ma che riveste a mio modo di vedere una fondamentale importanza per capire l'Italia di allora e quella di oggi.  

Riprendo in mano gli scritti di Pasolini del periodo e mi riguardo le prime immagini del film, dove La Russa sbraita al comizio; i suoi capelli sono lunghi così come la sua barba, a vederlo in un centro sociale con alcuni compagni si sarebbe potuto scambiarlo per uno di sinistra nel contesto di allora; sono in queste immagini (per me allucinanti guardandole a posteriori) che finalmente vediamo sul nascere quello che Pasolini identificava come omologazione culturale e cambiamento antropologico (nei modi, ma perfino nei lineamenti del volto) degli italiani; mentre solo pochi anni prima si poteva riconoscere e distinguere un giovane fascista da un giovane comunista solo guardandoli, ora (nel 1972) non si può più, ed oggi (nel 2011) è totalmente assurdo; non esiste più nemmeno il concetto di destra e sinistra, il tutto è un unico monolite politico omologato democraticamente e solo formalmente opposto; in quelle prime immagini che sanno di rivelazione per me risiede in buona parte la grandezza di questo film.

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