Uno degli elementi ricorrenti nella fantascienza come nel dibattito relativo lo sviluppo delle tecnologie, ma anche nel pensiero comune, riguarda una grande paura oramai radicata secondo la quale le macchine presto si sostituiranno all’uomo in ogni ambito. Il tema è tanto più sentito oggi invece che applicato ai sistemi di produzione, quando parliamo del settore militare: l’idea di eserciti invincibili di androidi programmati come perfette macchine da guerra costituisce sempre più uno stereotipo. Eppure questa è in qualche maniera una visione già antiquata e superata a favore di nuove vecchie idee dai connotati anche grotteschi e evidentemente mai tramontate.

In fondo l’idea che un soldato sia solo carne da macello è anch’essa antiquata: oggi il soldato ha delle competenze specifiche e una formazione completa da ogni punto di vista. Parliamo di persone che sono capaci di prendere decisioni difficili in tempo reale valutando ogni circostanza e possibile conseguenza e con relativa discrezionalità: tutte cose che nessuna macchina per quanto avanzata potrà mai fare. Perché le variabili sono infinite e non attendono solo una sfera razionale ma anche emotiva. Che poi, diciamolo chiaramente, che senso avrebbe in fondo fare una guerra senza soldati.

Così questo romanzo di Marco Della Corte pubblicato nel 2001 all’interno della collana sci-fi “Cosmo” della Editrice Nord e intitolato “Trenta giorni” ci propone un tema che non è inedito ma che viene qui rilanciato in un futuro distopico e in cui il mondo è nuovamente diviso in due parti opposte tra loro (l’Alleanza Euro Americana e l’Unione Popolare Asiatica) in una riedizione della guerra fredda, tensioni e corsa agli armamenti. Il professore Roberto Terana, nato a Barcellona in Spagna e una delle massime autorità nel campo della genetica a livello internazionale, viene nominato a capo di un progetto segreto dell’Alleanza (il progetto “Adamo”) e sviluppa quella che dovrebbe rivelarsi l’arma decisiva per vincere la guerra: un soldato perfetto, spietato, letale, intelligente e nato dall’evoluzione di un essere umano con l’ausilio della genetica.

Ovviamente qualche cosa va storto, i sistemi di sicurezza cedono e quella che doveva costituire un’arma per vincere la guerra si rivelerà invece qualcosa che non può essere tenuta sotto controllo da nessuna delle parti in gioco e la cui semplice esistenza scatenerà una accelerazione della gravità degli eventi fino al disastro totale. Eppure anche questa volta l’esistenza dell’essere umano, proprio quando appare essere arrivata alla fine, continua forse a esistere proprio nel compimento di un’opera grottesca e spaventosa. Rinnovandosi in una maniera a noi incomprensibile, quasi impossibile da accettare come molte volte possono essere del resto proprio i comportamenti dei nostri figli. Probabilmente perché non siamo dei buoni “genitori” oppure perché fare il genitore, dice sempre mio padre, è il mestiere più difficile del mondo.

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