Il film è assolutamente da vedere, molto profondo ed introspettivo, fonte di tante riflessioni sulla vita, la morte ed il successo. Amo molto le biognrafie soprattutto se così dettagliate e non banali.
La storia di Marco Pantani nel film parte proprio dall'inizio. Un bambino che cresce sano in un ambiente semplice ed accogliente, in una famiglia alllargata e dalle spalle solide di duro lavoro. Il rapporto con i genitori, i nonni, un bambino amato eppure insicuro di fondo.
Il suo talento per la bicicletta viene riconosciuto e coltivato subito. L'amore per Cristina, la famiglia vicina, tutti ingredienti rafforzativi per l'ego di un ragazzo semplice e competitivo. Non mi sono mai interessata al ciclismo ma la parabola ascendente e discendente del Pirata mi aveva colpita, così come tutte le storie appiccicose di persone piene di talento che si autodistruggono quasi come un rituale collettivo.
Il film si sofferma pochissimo su Pantani sportivo e moltissimo sull'uomo e sulla dissolutezza.
La vita e la morte erano lì ad aspettarci tutti i fine settimana nella Riviera Romagnola tanto amata da Marco. Cadere nella dipendenza da sostanze psicotrope era facile in quei mirabolanti anni novanta, lo era per un "comune mortale" figuriamoci per un campione portato in gloria in tutto il mondo.. Il suo incontro con la droga era quasi inevitabile soprattutto dopo lo scandalo per il doping.
Marco c'era sempre in Romagna, assiduo frequentatore di quei locali dove si andava a qualsiasi costo... Era una vera "Rockstar" di quei "caldissimi" anni del canto corale "sale sale e non fà male"...Marco era di più di un uomo famoso, era.l'unico che sbancava, che quando arrivava era l'anima della festa.. T
Torna un tema a me molto caro che è quello della cura e dello stigma del drogato o squilibrato a causa dell'uso massiccio di sostanze. Lo stesso Pantani che aveva affrontato come un leone l'infortunio continuando a lottare non vuole (da tossicodipendente) curarsi, anzi nega di essere "malato"..
In quegli anni non c'erano strutture nelle quali poter curare le dipendenze e la famiglia non era in grado di gestire la situazione in generale.
Pantani con una semplice doppia diagnosi in qualche anno di comunità avrebbe potuto curarsi ma poi la fine, da solo e abbandonato da tutti ricorda tanti e tanti volti noti o meno che finiscono con la distruzione estrema.
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