Ogni volta che torno a casa, da Trieste a Crotone, ci metto venti ore. Venti ore di treno, venti ore di paesaggio buio che cambia oltre il finestrino.
Venti ore d'Italia sotto le rotaie.
C'è qualcosa di simile, molto meno faticoso, molto più emozionante. E si tratta di questo spettacolo di Marco Paolini, registrato al Teatro Strehler di Milano nel 2000.
Eh sì, perché questo "Bestiario Italiano" è un viaggio nella storia e nella geografia del Bel Paese, un lungo viaggio - di sole due ore - che attraversa tutta l'Italia, da Nord a Sud (e il Centro? Noi e questa fissazione di trovare sempre il Centro...). C'è il Veneto operoso e l'affascinante Palermo. C'è la rovente Catania, Napoli, coi suoi pregiudizi, poi Genova, "litania infinita", la lunatica e nervosa Trieste.
Ci sono strade, viadotti, ponti, svincoli, ferrovie e tangenziali che tagliano l'Italia, opere incomplete di un Paese mai finito.
E poi i poeti, le lingue, i dialetti. Paolini, infatti, si diletta con passione con parole non sue. Si butta nella nenia siciliana, nella durezza del Friuli, nella musicalità del genovese e nella vitalità del napoletano, ovviamente passando per il suo Veneto.
È uno spettacolo dai ritmi ammalianti e studiati, questo. E non sono le parole a farla da padrone, ma c'è anche la musica. Questa volta, però, non ci sono i Mercanti di Liquore ad accompagnare il nostro, ma una chitarra, un contrabbasso, un violino, una fisarmonica e tre voci femminili. Anche loro, a modo loro, raccontano, recitano, suggestionano, conducono per mano attraverso quello che non è solo un semplice spettacolo teatrale, ma una serenata.
Una vera e propria dichiarazione d'amore per un Paese che, nonostante la varietà e le infinite contraddizioni, si trascina sulle spalle secoli di esperienza ed esercita ancora un certo fascino. Anche su chi ci vive.
Forse.
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