Quando un ragazzo nemmeno ventenne come me con i primi abbozzi di barba ed i lunghi capelli incotolati guarda una pellicola di Mario Bava, deve cercare di dimenticare tutti quei filmucoli horror che per anni ha visto in seconda sera su Italia1, tutte quelle scene trite e ritrite, i gratuiti bagni di sangue, la recitazione idiota di tutti quelle ragazze con i capelli biondi e le tettone e del loro ragazzo che si appartano in un bosco e vengono regolarmente squartati...
Quando uno come me guarda un film di Mario Bava deve dimenticarsi praticamente tutti gli horror che ha visto, perché in qualche maniera sono debitori del maestro sanremese; se qualcuno guardasse un film di Mario Bava pensando "Ma si, dai, mi guardo sto film vintage, che sta sera non ho niente da fare" si renderebbe conto che il film l'ha in verità gia visto, quelle scene ormai consumate, le ha gia viste in decine di altri film del genere, quelle luci, quelle atmosfere. Per questo motivo io prima di visionare questa opera ho cercato di resettare la mia memoria cinematografica, e guardandolo in totale verginità cinematografica ho cercato di carpire le emozioni che un giovane come me avrebbe potuto provare nel 1960 quando quest'immortale capolavoro usciva nelle sale.
Molto brevemente, la trama narra di una strega, Asa, la quale viene condannata a morte in maniera a dir poco singolare: deve indossare la Maschera del Demonio, una placca metallica chiodata, in maniera da far provare atroci sofferenze a chiunque la indossi; la morte naturalmente non sopraggiunge per questo, ma per via di un boia che con una mazza scagliata sul viso della strega indossante la maschera, ne sgretola il cranio. Due secoli dopo, due medici che si recano ad un congresso, per un inconveniente sono costretti a sostare nel villaggio del misfatto venendo a conoscenza dei discendenti, o per meglio dire, della discendente della strega Asa, Katia (una splendida Barbara Steele, che nel film recita anche le parti della strega). Per una singolare serie di fatti, la strega torna in vita(siccome a suo tempo una tempesta aveva impedito di arderla sul rogo, il corpo della malefica venne sepolto nella tomba di famiglia) a causa di alcune gocce di sangue cadute accidentalmente sul cadavere ormai dopo due secoli putrefatto. Da qui in avanti non rivelerò più niente in quanto la matassa di fatti ed avvenimenti sarebbe difficilmente riassumibile.
La suspance ed il crescendo drammatico immersi nella densissima atmosfera, sono magistrali, lo studio condotto da Bava sulle luci e sulle ombre è qualcosa di indescrivibile: da ricordare come uno dei momenti più belli del cinema in generale, la scena dove la strega si impossessa della vitalità di Katia facendola invecchiare precocemente(le scene di invecchiamento sono straordinarie).
Altri meriti del film poi, sono l'efferatezza delle scene violente, e la crudeltà sadica con la quale allo spettatore non si risparmia niente: si, mentre allora nei tradizionali horror (ancora molto casti) le scene violente e macabre venivano solo accennate e lasciate all'immaginazione dello spettatore, qui Mario Bava decide di farci vedere tutto, creando una tensione ed una paura che nelle pellicole di allora non erano riscontrabili. A questo proposito citerei le scene in cui la strega viene marchiata a fuoco, o la testa di un poveretto che arde dentro al camino con la bocca che si muove ancora quasi a voler sottolineare il realismo di certe scene, oppure lo scheletro putrefatto che si cela sotto il bel corpo della perfida strega, oppure ancora, le ferite orrende lasciate dalla maschera sulla faccia della Steele.
In ultimo vorrei sottolineare le ambientazioni angoscianti, tremendamente cupe e gotiche, quasi barocche nonostante il B/N della pellicola, la fotografia, perfetta, come solo un mastro artigiano sa fare: per rendervi conto, questo film, come altre pellicole future di Bava, potrebbe benissimo essere associato alle prime esperienze musicali di Antonius Rex, con i Jacula, una musica che come da lui affermato, potrebbe benissimo legare con l' idea di horror baviano.
La Maschera del Demonio è il primo vero horror italiano in quanto "I Vampiri" di Riccardo Freda del 1957 (al quale Bava partecipò attivamente), risulta essere ancora intriso di una drammaticità che nel vero film horror viene abbandonata per soluzioni più dinamiche. E' proprio il caso di dire che ci troviamo di fronte ad un precursore dell'era horror moderna, ad opera di un regista dal talento ormai riconosciuto, ma che all' epoca, forse proprio per le sue idee, non avanguardistiche, ma assolutamente in anticipo sui tempi, venne ignorato.
Buona Pasqua a tutti
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