L'omicidio suicidio iniziale, una baia incontaminata, che è il principale motivo per cui tutti si scannano, dei ragazzi che passano il fine settimana proprio li, insomma, un groviglio di fatti e misfatti che nemmeno è riassumibile. Se proprio vogliamo dare un senso all' inesistente trama, potremmo dire: "Una baia dall'inestimabile valore commerciale, la contessa proprietaria, e tutto un gruppo di ‘pescicane' disposti a tutto per divenire i proprietari della verde ed incontaminata proprietà". Ecco, questo è ciò che dovete sapere, tutto il resto viene di conseguenza, ma attenzione, un'allucinata e quasi grottesca conseguenza.

Siamo a cavallo tra il 1970 ed il 1971, Mario Bava, regista e praticamente inventore del film horror come lo intendiamo adesso, dava alla luce questa inquietante creatura: gia con i film precedenti, si era fatto notare per la crudeltà delle scene e certi virtuosismi di regia (non so se avete presente le sue inquadrature, le sue luci, i suoi effetti speciali,...), ma con questa pellicola entra ufficialmente nella leggenda. Il film, un evidente cult, è un condensato di lezioni di cinema, dal quale praticamente tutti i registi horror hanno attinto(Wikipedia ci fa notare, la spudorata somiglianza con "Venerdì 13", del 1980), ma badate bene che lo dico senza cattiveria alcuna.

Gia dalla trama si cominciano a notare elementi che faranno da ossatura per gli horror futuri, ma il merito dell'opera risiede in un'altra caratteristica: la violenza. Si, proprio così, è un film talmente violento ed anarchico, che nel suo essere quasi punk, potrebbe appartenere ad un'altra era cinematografica: non si può dire chi sia la vittima, chi sia l'assassino, il titolo riassume gia tutto, e noi con il titolo siamo gia in grado di sapere la trama e la soluzione del film. Ogni piccola azione di qualsiasi personaggio, innesca consciamente o inconsciamente la reazione omicida di qualche protagonista (altra grande trovata: tutti, nel film, risultano essere nel loro grande o piccolo protagonisti). Ed è così che il film si porta avanti, tra cambi repentini di trama e morti spettacolarmente crude.

Gli omicidi, che alla fine della pellicola risultano essere 13, sono quasi tutti memorabili; tra i migliori si ricordano, quello della ragazza bionda che viene inseguita e sgozzata (notare come dopo essere stata colpita a morte, il corpo ricade sul prato e continua a contorcersi per poi affievolire i movimenti e morire, scene talmente realistiche da sembrare vere) e la scena in cui due innamorati vengono infilzati come spiedini mentre distesi su un letto si coprono di nefanda libidine.

In "Reazione a catena", Bava rinuncia alle sue solite densissime e gotiche atmosfere, per una pellicola dai toni più smorzati e naturali (non per niente il fatto si svolge in mezzo a boschi incontaminati ecc.), quasi a voler lasciare ancor più contrasto tra questi tenui colori, ed il rosso del sangue che come gia detto scorre a fiumi. La recitazione, di livello medio, a causa delle modeste capacità degli attori, viene compensata dal ritmo e dalla dinamicità delle scene: qui è il film a parlare, qui contano più i movimenti e l'azione dei dialoghi(così come nei primi film di Dario Argento, in un certo senso, allievo di Bava).

Con questa pellicola, Mario Bava, inaugura un'altra fase dell'horror, quella più estrema e meno poetica, che in futuro prenderà il nome di splatter. Il regista ancora una volta, si rivela precursore, molto in anticipo sui tempi, e ancora una volta, la sua opera viene saccheggiata in maniera maldestra da molti registi americani (soprattutto negli anni ‘80), che però non avevano il genio dell' artista sanremese.

Bava, con la sua solita umiltà ci scherzava sempre sopra i suo film, ma alla fine il contributo che ha dato al cinema è stato un "mattone" fondamentale per lo svilupparsi e l'ampliarsi di tutto un genere, tanto che se ci si chiede quando il film horror ha cominciato a fare veramente paura, la risposta ricade inevitabilmente sugli esordi dell'artigiano ligure.

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