Se l'arte ha il dovere di raccontare la storia, allora Mario Schifano è un narratore protagonista che cavalca il concetti che abbracciano la modernità, tutta, sia a livello materico che tematico.

Un genio assoluto questo artista, che non ha mai voluto identificarsi in nessuna corrente, erroneamente accostato alla pop art italiana, ha sempre creato e ricercato la propria idea, immediata e contaminata dalle circostanze.

Ho appena acquistato il manifesto del futurismo, una presunta copia o forse un originale senza autenticazione, vera discriminante del prezzo dell'opera.

Una tela bianca, che non va assolutamente data in pasto con una cornice, con le sagome in monocromo dei profeti del futurismo, di cui ricorre or ora il centenario.

Marinetti, Carrà, Balla, Boccioni e Sironi, sono omaggiati dall'artista romano, in questo quadro celeberrimo e minimalista, immediato, diffuso in modo nauseabondo e fin troppo facilmente ripetibile, nonché ripetuto a perdi numero dallo stesso artista, che ha rivisto il concetto, il soggetto, tante volte quante necessarie per affermare lo stesso in maniera totale ed assoluta.

Come un volantino, una pagina pubblicitaria, questo omaggio è frutto intenso di una emotività spalmata nell'insistenza della ripetizione del soggetto. Se vi avvicinate al quadro noterete le caratteristiche sbavature, le famose gocciolature emotive, che in  questo caso, risulteranno per i più scettici come semplici sbavature dovute alla dozzinalità dell'artista.

Ma questo quadro, nella sua immediatezza, se vogliamo, chimica purezza (eseguito con vernici a rapida presa) è perfetto protagonista di una arte maniaccia, succhia soldi, fatta su commissione, cavalca onda e commerciale. Ed oggi è ancora un simbolo attualissimo. Ave.

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