Quando nel 2002 uscì l’album che vedeva la collaborazione di Beth Gibbons e Rustin Man, “Out of Season”, il pubblico rimase esterrefatto poiché fino a quel momento i due nomi erano stati da sempre associati l’uno al cosiddetto Bristol Sound dei Portishead tanto caro ai Massive e a Tricky per esempio -oltre chè alla sottoscritta- e l’altro ai Talk Talk e alla musica elettro-pop degli anni '80, per cui un'opera tanto sublime quanto raffinata con influenze tanto differenti come quella sopraccitata si rivelò un’ assoluta sorpresa innovativa, nonostante il sound un po’ retro.
In realtà, i prodromi di quest'opera vanno ricercati a mio avviso in quello che voglio definire il capolavoro di quello che della band pop di cui sopra era il leader ovvero Mark Hollis. Era il 1988, ai tempi lavoravo ancora come artigiana restauratrice di mobili d’epoca e una sera estiva mi trovavo a casa di un amico che di musica ne ascolta tanta e di ottima qualità, e che ora lavora per Rai Stereo 2 e vola a New York per intervistare le star di cui ancora oggi compra i cd, e avendogli riassemblato una sedia cara al padre che in sua assenza lui aveva distrutto, decise di ricambiarmi prestandomi alcuni cd scelti da me dalla sua pregiata collezione a cui aggiunse “Mark Hollis” dicendomi solo di ascoltarlo.
Sono stata molto grata a Matteo di questo suo consiglio e ho faticato successivamente per trovare a mia volta l'originale, ma ogni volta che lo ascolto penso che ne sia valsa la pena. Chiunque conosca come me Hollis solo per la sua pregevolissima produzione con i Talk Talk (che, naturalmente adoro), rimarrà incantato dalla delicatezza e dall’assoluta raffinatezza dei suoni di questa sua musica, così dolce, colta, sublime da togliere il fiato con la sua malinconia vivace. Musica d’arte.
In queste 8 tracce non troverete chitarre elettriche né drum machine, nè troverete i ritmi di It’s My Life o The Dum Dum Girl, bensì tappeti sonori di pochi accordi al pianoforte, quasi sussurrati, niente basso elettrico nella ritmica ma contrabbasso e ritmi jazz, armonica e tanto clarinetto, insieme ad arpeggi di chitarra che riallineano col mondo. E naturalmente la sua voce, struggente, profonda, dolce che sussurra testi minimi ma che colpiscono in profondità.
Gli anni 80 sono molto lontani. Di tutta la mia carriera decennale come restauratrice, sicuramente questo è stato tra i compensi più graditi. Ascoltatelo e poi sappiatemi dire.
Elenco tracce testi samples e video
02 Watershed (05:45)
Come my love
Kick the line
Afield lies nothing but squalor to turn on
A song asale
Should have said so much
Makes it harder
The more you love
Gladdening eyes
Through slur
Emerge crucified
So frail
Should have said so much
Makes it harder
The more you love
A song asale
Sold heart
Should have said so much
Makes it harder
The more you love
A song asale
For the good has bled to dust
Departed
The morning sun
04 The Gift (04:22)
So sold out
How dear you are
How on earth did you come to live as a clown
Close
Closed down
And here you are
Sun and then the shade
Sun eclipsed to shame
In youth you'd grown
Purest
Purest
Sail on
Cold
Burnt out
And fear you are
Gone
And now the shade
Sun eclipsed to shame
06 Westward Bound (04:18)
Opaline through her hair
Born on an April tide
Glowing in the wonder of our first child
There my promise is
A spur
A rein
The world upon my back
The pressure upon this earth
Drought's heir
Sown my money
Sold my shirt
Sown my money
Migrate
Job on the threshing line
Mute I walk
Idle ground
Westward bound
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