Da diversi mesi, ovvero dalla presentazione in concorso a Venezia, è alto l'interesse per questo film, e già molti sono stati i commenti, quasi unanimemente più che positivi, riguardo alla nuova fatica di Martin McDonagh, a cinque anni abbondanti da 7 Psicopatici.

E... niente, voglio essere subito franco andando al punto: se si va pensando di assistere ad un grande film, si esce delusi dalla visione.

Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, è la solida messa in scena di un dramma di provincia, all'insegna di tematiche non banali, con uno stile quantomai classico. Il fatto è che, oltre tutto questo, non si scorge niente di davvero particolare perché si possa davvero sussultare d'innanzi ad esempi di grande cinema. Rispetto ai (pochi) precedenti lavori, McDonagh rinuncia ad ogni velleità meta-cinematografica - meta-linguistica (e di questo rendo grazie al cielo), si concentra sull'aspetto drammatico, limitando quasi del tutto le parentesi più leggere e grottesche (comunque presenti e riuscite), ed in diversi momenti riesce ad essere autenticamente toccante, confermando l'alone di morte e di sofferenza presente in tutto il suo cinema. Una morte odorata, percepita nel suo ineluttabile avvicinamento ed infine cercata in prima persona, come era per i due indimenticabili killer di In Bruges, come ora nel bellissimo capo della polizia locale, malato terminale di Woody Harrelson. C'è una protagonista forte, una Frances McDormand sempre più oltre il ruolo di caretterista coeniana (ma considerarla come tale sarebbe farle un grande torto già da molti anni), il poliziotto bifolco che trova redenzione nel finale, l'ex marito pezzo di merda, le piccole grandi meschinità e miserie di provincia insomma, tutte qui; il nostro amatissimo Tyrion Lannister (secondo nano nella filmografia del regista britannico, dev'essere un suo piccolo feticismo), ovviamente reietto ed ovviamente dedito all'alcol. Tutto molto bello, niente che sia originale.

McDonagh è un bravo regista, ed una personalità autoriale interessante. Ma manca qualcosa ai suoi film, perché si possano davvero elevare rispetto alla media qualitativa delle produzioni angolfone, perché possano essere più che dei semplici buoni film e poco/niente altro, cosa che sono. Mi pare decisamente sulla via della sopravvalutazione generale.

Il migliore, tuttora, resta ovviamente In Bruges. Gia 7 Psicopatici rimaneva lì senza lasciare niente di particolare oltre che un paio d'ore di buon intrattenimento con (pretenziose) derive meta di cui sopra. Questo Tre Manifesti, premiato alla grande ai Golden Globe delle ipocrisie in nero, premiato anche a Venezia per la sceneggiatura (alcuni volevano il Leone d'Oro!) ha suscitato un clamore decisamente eccessivo pur trattandosi di una pellicola meritevole di essere vista, che comunque, in definitiva, non va oltre, però, la messa in scena dell'ennesimo dramma di provincia (del Sud), anche toccante a tratti, come dicevo, e in cui gli eventi facilitano a precipitare, buone o meno che siano le intenzioni. Ma, ribadisco, mi viene difficile vederci qualcosa di più.

Belle interpretazioni all'interno di un gran cast, sicuramente, Frances bravissima (anche se come scorbutica insopportabile donna di mezz'età aveva già dato il massimo in Olive Kitteridge, qui aggiunge una vena da bad ass in lutto), ottimo come sempre Woody, un paio di apparizioni di protagonisti di vecchie serie cult HBO ma l'unico a spaccare veramente è Rockwell.

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