Con irreplicabile desolazione c'è da prendere atto di quanta Storia sia stata nascosta, quanta ne sia stata manipolata e successivamente inserita nei nostri bei manuali scolastici, quanta ne sia stata dimenticata. Così, mentre in Europa si ricordano le tristi vicende che si sono consumate entro le mura dei celeberrimi lager (ma si ignorano su ampia scala le vittime segrete del regime sovietico), l'America, che nel frattempo giudica - eccome se lo fa! - stende un velo pietoso sul periodo più buio della sua storia: il maccartismo. E' l'era in cui gli anticomunisti combattono il serpeggiante pericolo della dottrina rossa tramite licenziamenti forzati e censura finendo con il confondersi con essa ("Il Maestro e Margherita" con i suoi capitoli mutili, un esempio su tutti). E' proprio ai tempi della commissione contro le attività antiamericane che si svolge il diciannovesimo lavoro di Martin Ritt, ossia "Il Prestanome".
Siamo nei primi anni '50 e Howard Price (Woody Allen) è un umile cassiere newyorkese che si dedica di nascosto all'illecita attività di allibratore. La sua vita ha la possibilità di andare incontro ad una radicale svolta a seguito di una proposta avanzatagli dal suo amico Alfred Miller (Michael Murphy): Howard deve proporre con la sua firma ad una emittente televisiva dei copioni scritti da Alfred, iscritto nella "Black List" maccartiana che non gli permette di vedere i suoi lavori inscenati. Howard accetta con entusiasmo e tramite il suo nome, non ancora legate alle liste nere anticomuniste, riesce a far accettare i lavori di Miller. L'espediente sembra funzionare e il protagonista decide in accordo con Alfred di ampliare la loro "società": ai due si aggiungono altri scrittori boicottati per le personali scelte politiche. Frattanto Howard guadagna stima e rispetto dei suoi collaboratori e anche l'amore di una aspirante produttrice. Ma le indagini si fanno sempre più serrate e uno spietato investigatore tenta di incastrare Howard avvalendosi dell'aiuto dell'attore Hecky Brown (Zero Mostel), anch'egli accusato di essere un comunista e per questo licenziato. Hecky collabora alle indagini in previsione di un condono della pena ma percepisce il suo fallimento politico ed individuale, per cui si uccide. Howard finisce con l'essere sottoposto allo scrutinio della temibile House Committees on Un-American Activities ma rifiuta l'interrogatorio e, ormai sicuro di essere prossimo alla galera, chiude la pellicola con un bel "Andate tutti a prenderlo nel culo.".
Il lungometraggio, datato 1978, è il primo ad affrontare il delicato tema delle persecuzioni maccartiste che devastarono gli ambienti artistico-intellettuali statunitensi. Il carattere storico della pellicola è suggerito da alcune riprese in funzione di prologo che tentano di riassumere le tappe basilari della storia americana del XX secolo. Sulle note di Sinatra scorrono rapidamente i filmati di che riprendono personalità di spicco dell'ambiente artistico e politico statunitense (da Marylin Monroe ai coniugi Rosenberg). D'altronde basti pensare che il regista Ritt, lo sceneggiatore Walter Bernstein e gli attori Motel e Herschel Bernardi furono tutti coinvolti nelle Liste nere di Hollywood operanti fra il 1947 e il 1951 e l'intento di sottoporre ad una condanna l'operato della commissione anticomunista. In un certo senso l'apertura in bianco e nero assume lo scopo di impostare sin dall'inizio l'opera secondo linee di solenne serietà e di suggerire il tema della rivisitazione storica.
I tratti che permettono al film di brillare sono essenzialmente concentrati nei personaggi. Woody Allen, all'epoca ancora un principiante, ha successo nel trasmettere l'idea di un uomo dalle modeste risorse economiche e intellettive: un individuo plasmato dalle esperienze di vita che ha imparato a sopravvivere medianti furbeschi escamotage (esemplificative a riguardo sono le scene in cui tenta di abbordare la giovane collaboratrice televisiva, già fidanzata). Il paragone con l'Allen successivo sarebbe scontato oltre che controproducente: nelle sue opere il regista riesce a definire e cucirsi addosso un personaggio che, in qualche modo, ha sostanziato molte di esse di un significato pregnante, al punto da restare nell'immaginario comune. Questo procedimento in "il Prestanome" manca, sarebbe quasi il caso di dire che stride con le successive interpretazioni dell'Allen intellettualoide, data l'evidente distanza culturale fra Howard e il mondo di artisti che lo circonda. Zero Mostel è forse il personaggio che meglio riesce a sintetizzare lo spirito della pellicola. Egli è un attore di grande successo che vede la sua vita andare incontro allo sfacelo a causa dell'imprudenza nel malcelare l'aderenza al comunismo. La scena del suicidio è una delle più intense del film: Brown si getta dalla finestra in un momento di estrema drammaticità ridendo e sorseggiando una birra.
A tal punto si impone il problema dell'identificazione: "Il Prestanome" è un dramma, una commedia o addirittura anticipa il "dramedy"? Forse la soluzione più ragionevole è quella di un giusto mix fra la commedia e il dramma. Eppure l'insistente quanto inevitabile satira, lo sguardo all'aspetto intimo dei personaggi non lascia che il film si collochi in una definizione rigida restando a sua agio. Il pericolo dell'ibrido è dietro le porte e questo contribuisce a far apparire "Il Prestanome" come una pellicola incolore, superficialmente insipida.
Carico i commenti... con calma