Inutile presentare Marty Friedman.

Un chitarrista che farebbe impallidire chiunque data la sua lunga carriera. Non solo lunga ma anche di un certo prestigio: fondatore insieme a quell'altro genio di Jason Becker dei Cacophony, gruppo in cui mostrava tutte le sue acerbe doti tecniche; chitarrista dei Megadeth e creatore di quel capolavoro che è 'Rust In Peace' e infine artista solista che si lancia in dischi solisti di sola chitarra ricchi di una dose di energia fuori dal comune nonché di quelle atmosfere esotiche che affascinano tanto il pubblico (Friedman registrò un intero video didattico sullo studio di queste scale orientali-esotiche).

Ora, nel 2006 ritorna con un altro disco intitolato “Loudspeaker” che basa tutto su una grande potenza ma anche su grandi ospiti: John Petrucci, Steve Vai, Billy Sheehan, Jeremy Colson e il tastierista Jens Johansson. Le premesse per un disco di livello ci sono tutte. E infatti subito mi sento soddisfatto all'ascolto della prima traccia: “Elixir” con un ispirato Billy Sheehan al basso. Riff di una certa consistenza, buonissime parti soliste, anzi, direi oggettivamente originali anche se non dimenticano del tutto i clichè del rock strumentale. Lo stesso dico di “Street demon”, ottimo brano rock, con buone intuizioni solistiche che comunque non tralasciano le regole di un brano strumentale: cambi di tempo e cambi di tempo. Nulla di nuovo direte voi? Effettivamente, però c'è il merito di Friedman di creare ottime melodie.

Black orchid” presenta un incipit energico e ritmato e una buonissima parte centrale. Da notare anche la presenza di John Petrucci in una veste simil-jazz e per nulla sbruffona o esibizionista. Ottimo brano. “Paradise Express” ripresenta al basso mr. Sheehan in un brano che sembra in ogni secondo evolversi in qualcosa di meglio, ma rimane abbastanza deludente per me. È la volta di “Sekai ni Hitotsu Dake no Hana”, dalle soluzioni melodiche abbastanza prevedibili e scontate e dall'incedere abbastanza monotono e ripetitivo. “Glycerine Flesh” presenta invece un grande miglioramento: brano ben suonato, ma soprattutto ricco di spunti degni del miglior Friedman, e inoltre è un brano molto vario e dalle molteplici sonorità che non mancherà di conquistarvi. “Stigmata Addiction” riporta nuovamente il nostro Marty su buoni livelli di riff-maker in un brano che non fa pesare molto la sua lunghezza.

In “Viper” si sente da subito la mano di Steve Vai, e il brano, quando entra lui con i suoi giochi chitarristici, acquista un grande valore: un altro pezzo cardine del disco. “Static Rain” lo vedo come un brano abbastanza di passaggio per l'ottima “Coloreas mi Vida”, tra l'acustico e il rock più espressivo. È grande la prestazione appunto espressiva che Marty presenta in questo brano bellissimo. L'epilogo è veramente meraviglioso invece: “Devil take Tomorrow” è una ballatona romantica scandita da dei vibrati e bending mozzafiato, con una grande dose di emotività e sentimento. Ottima chiusura.

Sinceramente è un buon lavoro, che presenta dei livelli altissimi per poi cadere in banalità non certo indifferenti. I brani tutto sommato son suonati bene, composti altrettanto egregiamente, e la presenza di certe star al fianco di Friedman sicuramente attirerà anche chi non mastica molto i solismi di Marty.

Carico i commenti...  con calma